Nonostante avessi letto da qualche in parte in rete che il sistema semi-idroponico non era consigliato per i trapianti da fiasca ad abiente esterno, i risultati ottenuti sono stati talmente positivi da convincermi a trasferire progressivamente tutte le plantule in vasi che adottano questo metodo.
Il sistema è presto detto. Il metodo di cultura semi-idroponico utilizza un medium interte, nel mio caso ho utilizzato argilla espansa e/o lapillo vulcanico. Materiali che, a differenza dello sfagno, sono di facilissima reperibilità e bassissimo costo. La pianta viene messa in un vaso riempito con questo medium che deve rimanere immerso per alcuni centimetri in acqua. In rete ho visto alcuni sistemi che utilizzano vecchie bottiglie pet, tagliate, su cui vengono praticati dei fori a uno/due centimetri dal fondo del contenitore così da creare sul fondo una sorta di serbatoio di acqua che quando è in eccesso esce da queste aperture praticate.
Io in realtà utilizzo un sistema più semplice e secondo me più pratico e funzionale (vedremo poi perché), cioè semplici vasi di plastica posti su un sotto vaso abbastanza fondo così da fare da riserva d'acqua per il medium e quindi la pianta.
La foto sotto mostra una piantina di pochi millimetri di apertura fogliare. Proviene da una fiasca problematica, di piante abbastanza deboli per un esaurimento di un substrato casalingo. Il sistema radicale non era molto ben sviluppato e molte piante nella fiasca, più volte ripicchiettata, stavano morendo. Così ho deciso di trapiantare e di fare una prova con il semi-idroponico.
In conclusione, un rapido confronto dei vantaggi riscontrati nello sfiascamento delle piantule di phalaenopsis in semi-idroponica rispetto allo sfagno.
1. Riduzione dello stress da cambio di substrato. La pianta continua a crescere, anzi spesso accellera la crescita dal momento in cui viene posta in semi-idroponica.
2. I molti villi radicali che si sviluppano nell'ambiente ad alta umidità della fiasca normalmente avvizziscono in sfagno o corteccia, mentre in semi-idroponica paiono mantenere la propria funzionalità.
3. Bassissima, quasi irrilevante, mortalità delle plantule che invece negli altri substrati rappresenta una percentuale considerevole. In particolare con lo sfagno è molto difficile mantenere il giusto grado di umidità e spesso si rischiano estremi opposti con rischi di marciume quando troppo bagnato o di avvizzimento quando troppo asciutto. In particolare, con lo sfagno è difficile mantenere un livello di umidità costante.
4. Rapida e costante crescita fogliare.
Per concludere direi che un metodo di sfiascamento/coltivazione non è migliore degli altri in senso assoluto, ma relativamente alle specifiche condizioni ambientali (umidità e temperatura soprattutto) da zona di coltivazione a zona di coltivazione e dalle specifiche idiosincrasie del coltivatore, che può o meno avere la possibilità di tenere alla giuste condizioni, per un particolare tipo di substrato, le piante.
La fertilizzazione avviene a quasi ogni annaffiatura con un normale concime con microelementi e a basso tenore di azoto ureico per cercare di contenere accumuli salini nel substrato, cosa che stando a tutti i testi di coltivazione va evitato. Il fertilizzante viene diluito a meno della metà della concentrazione consigliata, in 2/3 di acqua distillata e 1/3 di acqua di rubinetto.
Ogni paio di settimane i vasi vengono abbondantemente risciacquati in acqua corrente. E qui entra in gioco il vaso. Utilizzando normali vasi in plastica aperti sotto, il risciacquo credo avvenga in maniera più completa rispetto ai vasi chiusi con fori a metà vaso che mantengono un serbatoio fisso.