
Non che novità non ci siano state, ma il tempo è sempre quello che è e la vita, si sa, è fatta di priorità.
Ad ogni modo eccoci qua dicevamo.
Le bletille padovane di una delle prime fiasche iniziavano a dare segni di sofferenza. La consistenza della gelatina era stata tenuta molto morbida e le radici ormai facevano capolino sul fondo, segno di un buon sviluppo. I primi esperimenti di trapianto in terra di avanzi di ripicchiettaggio erano andati piuttosto male. Ma ora, con un apparato radicale già sviluppato e un abbozzo di bulbo le probabilità di successo sono forse maggiori.
Solite procedure quindi, rimozione del gel, ripulitura delle radici, ecc.


Il problema adesso temo sia il fotoperiodo. La bletilla è una pianta stagionale, e come ciclo vegetativo adesso siamo a 6 mesi avendola seminata ad agosto. Non vorrei che le piante, giacché non sono più nell'incubatrice con luce artificiale, finissero per soffrire la brusca riduzione delle ore di illuminazione.
Comunque le riflessioni che si possono fare alla fine di un pomeriggio "buttato" a trapiantare piantine di bletille, riguardano la strategia riproduttiva delle orchidee. Siamo al 4 o 5 sfoltimento, se si includono i ripiecchiettagi, e ci sono fiasche dove le plantule sono ancora fittissime, probabilmente qualche migliaio. Un numero così alto di semi è indubbiamente una garanzia di successo anche su percentuali di germinazione irrisorie. E' un po' lo stesso principio evolutivo adottato dalle tartarughe marine che tanti documentari ci hanno insegnato.
E infatti ieri mi sono deciso e ho scritto all'Orto Botanico di Padova per chiedere loro se non siano disposti a riprendersi le plantule. Magari qualcuno dei responsabile del settore orchidee è disposto a prendersene cura. In realtà temo che non mi risponderanno.