domenica 18 luglio 2010
epiweb
Ormai il periodo di prova cui sottopongo le nuove soluzioni prima di poterne parlare obbiettivamente è passato e quindi eccoci qua con un nuovo post.
L'idea mi è venuta da un blog che è una vera e propria bibbia sulla coltivazione delle orchidee (a volte inquieta persino un po' per la maniacalità...):
www.orchidkarma.com
Si tratta di questa fibra artificiale in materiale plastico che dovrebbe costituire un ottimo supporto per la coltivazione delle orchidee epifite come le phalaenopsis.
Viene prodotto in Svezia da questa azienda:
www.epiweb.se
L'azienda non vende direttamente e quindi mi sono affidato al loro rivenditore inglese. Gli anglosassoni di solito mi danno idea di affidabilità sulla vendita on-line. L'ordine invece è stato evaso dopo due mesi di attesa e due mail, una di sollecito e una di minacce. E quando mi sono visto sti tre manicotti di un materiale simile a quello di certe pagliette per lavare i piatti devo dire che ho avuto forte la sensazione di essermi preso una fregatura, dato che per quanto non carissimi, non è che costassero proprio un'inezia.
Comunque, visto anche il piccolo investimento, ho deciso di dar loro una possibilità e ho fatto un primo trapianto-impianto di alcune piantine di phalaenopsis nn, ossia di fiasche di cui avevo perso la tracciatura, di varie dimensioni.
Non ho fatto altro che incastrare tra le fibre del materiale alcune delle radici delle piccole phalaenopsis cercando di far aderire le altre alla superficie del substrato.
L'annaffiatura è stata fatta con uno spruzzino con acqua demineralizzata e fertilizzante bilanciato per orchidee e metà dose. In questo periodo di caldo sahariano le spruzzature sono abbastanza frequenti, anche tre al giorno. Il manicotto è appoggiato su di un piattino dove resta un mezzo dito di acqua nella speranza che trasmetta un po' di umidità.
Ogni due o tre giorni vengono immerse con tutto il manicotto in acqua abbondante per lavar via eventuali depositi salini.
A distanza di circa tre settimane dal trapianto devo dire che i risultati sono stati piuttosto incoraggianti. Di piantine collassate ce ne sono state solo un paio, e tra le più piccole che normalmente faticano comunque in qualsiasi condizione. Rispetto alla coltivazione in sfagno seguita finora, la crescita di foglie nuove è veloce e costante. Normalmente le piantine tenute su sfagno, pur non deperendo, hanno una crescita estremamente lenta e stentata. Mettono una foglia nuova ogni morte di papa e non mostrano una crescita radicale particolarmente vivace. Soprattutto quelle appena sfiascate tendono a bloccarsi per un bel po' prima di dare nuovi segnali di crescita.
Le piantine poste su epiweb invece hanno mostrato da subito una crescita piuttosto costante delle foglie. Quelle già presenti hanno continuato ad allungarsi, e se ne vanno formando via via di nuove. Anche le radici, soprattutto in una piantina le cui vecchie parevano piuttosto mal messe, hanno preso a crescere e in alcuni punti ne appaiono di nuove.
Direi che sembra procedere bene e, alla luce di altri nuovi esperimenti di cui parlerò prossimamente, penso che abbandonerò definitivamente lo sfagno che, forse anche per mancanze mie, non pare dare buoni risultati ed è difficile da mantenere alla giusta umidità.
L'idea dietro l'epiweb, stando anche a quanto dicono sul sito, è quella di fornire un substrato assolutamente neutro, che non produca sostenze nocive con la progressiva decomposizione e che non faccia ristagnare eventuali essudati metabolici delle piante e salinità del fertilizzante. Al contempo viene garantita l'umidità e l'aereazione delle radici che per le orchidee epifite è molto importante.
Guardando con attenzione il tipo di materiale, credo in realtà che esso possa essere sostituito con fibre plastiche molto simili che si trovano già in commercio per i più svariati usi, dalle sopraccitate spugnette, ad alcuni zerbini che ho già addocchiato in alcuni centri commerciali. Le sperimentazioni continuano.
domenica 11 luglio 2010
Trapianto
Finalmente un vero trapianto, fatto non in emergenza, per un attacco di muffe o un'eccessivo sovraffollamento della fiasca.
Si tratta della phalaenopsis 1/4.
Le piccole phalaenopsis erano cresciute abbastanza, anche se non in maniera uniforme, e contando che il ripicchiettaggio era stato effettuato a ottobre 2009, ho pensato che fosse ormai il caso o di ripicchiettare o di sfiascare. Siccome di substrati da trapianti pronti all'uso non ne ho più, e con il caldo che fa in questi giorni voglia di mettermi a bollire substrati non ne ho, eccoci qua. Le piantine sembrano in gran forma. Il substrato era piuttosto duro e quindi di "radici da substrato" non se ne sono sviluppate molte e quelle che sono cresciute sono piuttosto sottili. E questa è un'altra riprova che bisogna tenere il substrato il più morbido possibile. Se ne sono sviluppate di belle invece di quelle villose.
Il substrato era un Murashige & Skoog senza aggiunta di carbone attivo, e ha messo in risalto gli essudati scuri prodotti dalle piante.
Solito lavaggio accurato delle piccole phalaenopsis con acqua tiepida e un pennellino morbido per rimuovere tutti i residui di agar. Le conclusioni sono che le radici per così dire glabre sono più dure e delicate di quelle "pelose" e tendono a rompersi. La seconda è che quelle villose hanno anche la caratteristica di aderire alle altre piante e sono probabilmente quelle con cui la pianta si attacca alla corteccia d'albero in natura.
Il trapianto è stato fatto in parte su epiweb e in parte su di un mix di corteccia e sfagno a fibra lunga.
L'epiweb è questa sorta di spugna di materiale sintetico di cui parlerò in un prossimo articolo e che sembrerebbe dare dei buoni risultati.
Per quanto riguarda il substrato tradizionale, ho ormai capito che lo sfagno usato puro è piuttosto difficile da controllare nei valori di umidità. Probabilmente sono io che sbaglio qualcosa, ma faccio una certa fatica a fare in modo che sia appena umido in modo uniforme. O mi finisce fradicio e mi fa marcire le piante, o è troppo secco e me le raggrinzisce. Ho quindi optato con un mix di corteccia e sfagno con abbondanza della prima rispetto al secondo. In questo modo il substrato si asciuga un po' più velocemente del solo sfagno, ma l'acqua non ristagna e lo si riesce a inumidire in modo uniforme con un'annaffiatura pressoché tradizionale. So che alcuni tolgono le piantine, bagnano lo sfagno, lo strizzano e poi ci rimettono su le piantine. Ma incomincio ad averne un certo numero e con questo sistema mi va via mezza giornata ogni volta che devo annaffiare.
Adesso sia il manicotto di epi-web, sia i due vasetti con substrato bark-sfagno, sono andati a far compagnia alle altre nella scatola-serra con umidità al 60-70% e temperature che in questi giorni sono forse un po' troppo alte, tra i 32 e i 36 gradi di giorno.
Si tratta della phalaenopsis 1/4.
Le piccole phalaenopsis erano cresciute abbastanza, anche se non in maniera uniforme, e contando che il ripicchiettaggio era stato effettuato a ottobre 2009, ho pensato che fosse ormai il caso o di ripicchiettare o di sfiascare. Siccome di substrati da trapianti pronti all'uso non ne ho più, e con il caldo che fa in questi giorni voglia di mettermi a bollire substrati non ne ho, eccoci qua. Le piantine sembrano in gran forma. Il substrato era piuttosto duro e quindi di "radici da substrato" non se ne sono sviluppate molte e quelle che sono cresciute sono piuttosto sottili. E questa è un'altra riprova che bisogna tenere il substrato il più morbido possibile. Se ne sono sviluppate di belle invece di quelle villose.
Il substrato era un Murashige & Skoog senza aggiunta di carbone attivo, e ha messo in risalto gli essudati scuri prodotti dalle piante.
Solito lavaggio accurato delle piccole phalaenopsis con acqua tiepida e un pennellino morbido per rimuovere tutti i residui di agar. Le conclusioni sono che le radici per così dire glabre sono più dure e delicate di quelle "pelose" e tendono a rompersi. La seconda è che quelle villose hanno anche la caratteristica di aderire alle altre piante e sono probabilmente quelle con cui la pianta si attacca alla corteccia d'albero in natura.
Il trapianto è stato fatto in parte su epiweb e in parte su di un mix di corteccia e sfagno a fibra lunga.
L'epiweb è questa sorta di spugna di materiale sintetico di cui parlerò in un prossimo articolo e che sembrerebbe dare dei buoni risultati.
Per quanto riguarda il substrato tradizionale, ho ormai capito che lo sfagno usato puro è piuttosto difficile da controllare nei valori di umidità. Probabilmente sono io che sbaglio qualcosa, ma faccio una certa fatica a fare in modo che sia appena umido in modo uniforme. O mi finisce fradicio e mi fa marcire le piante, o è troppo secco e me le raggrinzisce. Ho quindi optato con un mix di corteccia e sfagno con abbondanza della prima rispetto al secondo. In questo modo il substrato si asciuga un po' più velocemente del solo sfagno, ma l'acqua non ristagna e lo si riesce a inumidire in modo uniforme con un'annaffiatura pressoché tradizionale. So che alcuni tolgono le piantine, bagnano lo sfagno, lo strizzano e poi ci rimettono su le piantine. Ma incomincio ad averne un certo numero e con questo sistema mi va via mezza giornata ogni volta che devo annaffiare.
Adesso sia il manicotto di epi-web, sia i due vasetti con substrato bark-sfagno, sono andati a far compagnia alle altre nella scatola-serra con umidità al 60-70% e temperature che in questi giorni sono forse un po' troppo alte, tra i 32 e i 36 gradi di giorno.
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