domenica 5 luglio 2015

Palaenopsis 4.2


Ennesima novità del 2015. Ennesima phalaenopsis che fiorisce senza albero genealogico e che mi costringe a fare supposizioni un po' grossolane sulle sue origini. A giudicare dalla colorazione bianca direi che potrebbe trattarsi di una 4 o comunque di un ibrido che ha la 4 come uno dei due genitori anche se alcuni dei pollini usati per le fecondazioni erano stati "rubati" un po' a caso da phalaenopsis esposte in centri commerciali e garden center. Quindi in realtà questa attribuzione è del tutto aleatoria. Bianca è bianca. Rispetto alla palaenopsis 4.1 di cui ipotizzo sia parente, ha tenui sfumature violacee e i sepali inferiori puntinati. Petali e sepali sono arrotondati ed eleganti. Anche se come sempre finora, c'è stata un po' di delusione della speranza di avere una varietà insolita, questo nuovo fiore mi piace per equilibrio ed eleganze. Per questa estate mancano ancora due fioriture che sono in dirittura d'arrivo.

mercoledì 1 luglio 2015

Nuovo ibrido: 3.2


Nuova fioritura in questi giorni. Anche di questa phalaenopsis ho però perso il "pedegree" per cui non so chi ne siano i genitori. A giudicare dal solito motivo venato sui petali si direbbe che almeno uno dei due (se non addirittura entrambi) sia l'onnipresente phalaenopsis 3. Questa volta però è emersa una variante genetica legata alla forma e che non ricordo in nessuna delle orchidee che avevo ibridato. Petali e sepali infatti, invece della solita forma morbida e arrotondata, sono più affilati e appuntiti. I sepali appaiono più lunghi che nelle più comuni varietà di phalaenopsis da supermercato e quelli inferiori hanno un angolo più stretto che li mette maggiormente in risalto.
Devo dire che questa nuova forma, forse anche perché insolita, mi piace molto, e anche se la colorazione è piuttosto banale e scialba, credo che in futuro potrei decidere di incrociarla con qualche altra varietà con un motivo cromatico più interessante.

sabato 13 giugno 2015

(Fasciata X Red Ink) X Ibrido di Phalaenopsis 1

Era da un po' di tempo che non procedevo a qualche nuova impollinazione. Se devo dirla tutta il processo di semina è tanto laborioso, richiede grandi quantitativi di tempo in ciascuna delle fasi. In più il numero di piante prodotte è notevole per cui o acquisto una serra industriale e faccio di questo passatempo una professione, o limito l'attività riproduttiva delle orchidee. Ora che ho una procedura abbastanza consolidata ed efficace per produrre substrati e per riuscire a far germinare i semi di orchidee, vorrei quindi riservare le energie per quei casi che valgano la pena di essere incrociati per produrre ibridi interessanti o per essere moltiplicati.
Le prime fioriture, al di là della grande emozione iniziale, in termini di caratteristiche degli ibridi si sono rivelate delle piccole delusioni. Così ho aspettato ancora un po' prima di procedere e mi sono deciso solo quando ho finalmente avuto qualcosa di interessante per le mani. Il nuovo incrocio è avvenuto tra l'ibrido di phalaenopsis fasciata (incrociata con una Red Ink), coi suoi bei fiori carnosi e cerosi e il primo ibrido fiorito quest'anno, una phalaenopsis 1 bianca dai fiori morbidi e delicati.


L'impollinazione è avvenuta a incrocio, polline dell'una è andato a fecondare l'altra e viceversa.  Purtroppo solo un'impollinazione ha avuto successo, quello che come pianta ricevente aveva l'ibrido di phalaenopsis fasciata. L'altro fiore, pur avendo inizialmente dato accenni di rigonfiamento del baccello, alla fine è avvizzito ed è caduto, probabilmente poiché già vicino alla fine del suo ciclo di fioritura e ormai indebolito di per se'. La phalaenopsis fasciata ha dato invece prova di grande vigore e rapidità. La prima immagine all'inizio del post è stata scattata a una settimana dall'impollinazione e già si vede il baccello che va formandosi e che ha preso un bel colore verde brillante. Il confronto con il picciolo dell'altro fiore è evidente. Ad oggi, a una ventina di giorni dalla fecondazione, il baccello inizia ad essere già ben formato. La cosa bella della fasciata è che nonostante l'impollinazione il fiore non è appassito immediatamente ma si è mantenuto turgido e lucido per un po'. Solo in questi giorni incomincia a seccarsi un po'.
I timori adesso sono sulla tenuta della pianta madre che è abbastanza giovane e pur avendo un apparato radicale molto ben sviluppato non ha moltissime foglie e anzi è da un po' che non ne mette di nuove. Portare a maturazione una capsula può richiedere uno sforzo notevole alla pianta.
Altro dubbio è sui tempi di maturazione. Le phalaenopsis trattate finora avevano bisogno di 3-4 mesi per giungere a germinabilità dei semi. Data la rapidità dello sviluppo iniziale e il clima estivo i tempi potrebbero però essere più rapidi.

mercoledì 20 maggio 2015

Fasciata X Red Ink


La fiasca fu acquistata a Orchibo, la mostra mercato di orchidee a Bologna, nel maggio 2012, esattamente 3 anni fa. Si trattava di un barattolino con substrato nustritivo su cui erano impiantate 3 o 4 piantine che a occhio e croce avevano almeno già un anno. Stando alla descrizione scritta sul coperchio a pennarello nero si trattava di un incrocio tra phalaenopsis fasciata, una specie botanica originaria della foresta pluviale delle filippine, e una Red Ink, un ibrido commerciale dall'acceso colore rosso.
Una volta sfiascate, delle piantine ne sopravvisse solo una che con il tempo è cresciuta sempre più vigorosa seppur restando di taglia relativamente piccola ma sviluppando un rigoglioso apparato radicale. Poi verso febbraio la sorpresa nel veder spuntare uno stelo floreale e dopo un'estenuante crescita, qualche giorno fa la prima sbocciatura.
Bisogna dire però che è valsa la pena di aspettare perché il risultato è davvero sorprendente. Alla tipica decorazione striata della phalaenopsis fasciata, si aggiungono le amipe aree di colore vivace. Mi spiace solo di non avere più il nome del coltivatore da cui l'acquistai perché mi piacerebbe inviargli la foto oltre che potergli fare un po' di meritata pubblicità.
I fiori sono solo tre, di media grandezza, con un aspetto e una consistenza cerosa e lucida.
La loro fioritura mi ha fatto tornare la voglia di provare qualche ibridazione. Al momento sto cercando di immaginare quale possa essere la compatibilità con le phalaenopsis commerciali e quei due o tre ibridi che sono riuscito a portare a maturità. Potrebbe essere ad esempio interessante incrociarla con una phalaenopsis bianca. Altra considerazione riguarda la capacità di una pianta ancora relativamente giovane e non completamente sviluppata, di portare a maturità una capsula. Nei prossimi giorni cercherò di decidermi anche perché alcune delle primissime fioriture stanno arrivando a termine.

lunedì 13 aprile 2015

Fallimento Cymbidium Goeringi

Inutile illudersi, quando un progetto è fallito bisogna ammetterlo. Non posso nascondere che a momenti ci avessi quasi sperato, ma sin dall'inizio il cymbidium goeringi si è dimostrato un osso duro. Da quello che leggo in giro i cymbidium in generale sono particolarmente difficili da tirar su da seme e con tempi biblici, la varietà goeringi poi è anche peggio, con tassi di germinazione bassissimi, costituzione debole e facilità all'imbrunimento dei protocormi. I trapianti sono serviti a poco, anzi, dopo ogni trapianto le morie si facevano ancora più frequenti, segno di una certa delicatezza e insofferenza al maneggiamento.
Di fiasche ne erano rimaste solo 2 ma da mesi i protocormi non davano più segni di vita, ormai completamente sbiancati. Mi illudevo potesse trattarsi solo di stasi invernale ma adesso che persino le neofinetie, le bletille e le neofinetie (tutte originarie della stessa latitudine) sono sveglie e pimpanti, devo accettare che il progetto shunran è definitivamente giunto al termine. E, dati i tempi e gli scarsi risultati, non credo che ve ne saranno di nuovi in futuro.

domenica 5 aprile 2015

Nuovo ibrido

Un nuovo ibrido di phalaenopsis sta fiorendo in questi giorni. Sono passati praticamente 6 anni dalla semina. Poi non mi si dica che mi manca pazienza e perseveranza...
Finalmente abbiamo un ibrido degno di questo nome, cioé con caratteristiche che, per quanto simili a quelle della pianta madre, siano originali. Anche di questa ho perso la tracciabilità nel corso dei trapianti e non so quindi di chi sia figlia seppur, stando a forme e colori, possa fare delle supposizioni.
A prima vista potrebbe sembrare un incrocio di phalaenopsis 2 di cui pensavo di non aver più discendenza, estintasi con l'imbrunimento totale dei protocormi. In realtà potrebbe darsi che abbia utilizzato del polline di phalaenopsis 2 per fecondare un'altra pianta, forse la 3. L'ipotesi nasce dall'osservazione delle varie piante madri e di uno dei primi ibridi ottenuti:

Palaenopsis 2 (pianta madre)
 Phalaenopsis 3 (pianta madre)
Ibrido 3.1

Il nuovo ibrido ha un po' di venature tipiche della phalaenopsis 3 ma un colore fucsia uniforme come la 2 seppur più tenute. La parte più interessante, che purtroppo in foto non risalta molto, è il contorno bianco dei petali, che solo ora noto che effettivamente anche la 2 aveva, sebbene nell'ibrido è decisamente più accentuato. Altra nota caratteristica è la puntinatura nella parte centrale dei petali che parrebbe derivare dalla 3 ma che nella pianta figlia è decisamente più accentuata.
Per ora si sono aperti solo due fiori dei cinque boccioli e bisognerà verificare se un'ulteriore particolare caratteristica sarà confermata come aspetto genetico e non come semplice deformazione di uno o due fiori. Sul petalo superiore appare una rientranza asimmetrica sul bordo sinistro che nella foto non si nota perché nascosta dai due petali obliqui superiori.
Ad ogni modo, sulla base di queste osservazioni che pur nulla hanno di scientifico ho deciso di battezzarla 3-2, in onore delle due piante dal cui incrocio ritengo derivi.
Per quest'anno di sorpresa ne rimane solo una. Un ibrido acquistato in gel alla fiera di Bologna e che ha prodotto uno stelo floreale con due boccioli.
Poi potrebbe essere giunto il momento di provare a realizzare qualche nuovo incrocio.


sabato 14 febbraio 2015

Una gita in Giappone

Come promesso ecco il resoconto dal punto di vista orchidofilo, di una recente gita in Giappone.
La coltivazione delle orchidee a scopo ornamentale ha origini molto antiche in Giappone. Il suo clima unisce alcune caratteristiche tipiche del sud est asiatico come le piogge abbondanti e gli alti valori di umidità, a una netta divisione delle stagioni, simili alle nostre. Questo ha permesso lo sviluppo di una grande varietà di orchidee autoctone, non solo terrestri ma, pur non avendo il Giappone un clima propriamente tropicale (se non nell'arcipelago di Okinawa), anche di vere e proprie epifite, molte delle quali, a differenza delle loro cugine originarie dei climi caldi, possono resistere a inverni relativamente freddi. Neofinetia falcata, dendrobium moniliforme, sedirea japonica, sarcochilus japonicus, sono alcune versioni nipponiche di varietà di orchidee molto imparentate con quelle che si trovano dai nostri fiorai come phalaenopsis, dendrobium o vanda. Esse hanno le piccole dimensioni tipiche degli organismi che si sviluppano in ecosistemi chiusi e relativamente piccoli come le isole, ma offrono proporzioni graziose e fioriture eleganti.
Nelle antiche stampe giapponesi si ritrovano illustrazioni di queste orchidee coltivate in vaso fin dal 1500-1600.
Non mancano poi anche numerose speci autoctone di orchidee terrestri molto decorative. Ad esempio la bletilla striata, fiore comunissimo in Giappone anche in parchi e aiuole, il pleione, l'habenaria radiata, calathe discolor, cypripedium japonicum.
Non stupisce quindi che nei centri giardinaggio, oltre agli immancabili bonsai e accessori relativi, si trovino spesso in vendita anche queste orchidee e i vasi, i terreni, i fertilizzanti specifici.
Gli esploratori e i naturalisti del 1700 e 1800 si avventuravano in territori inesplorati (dagli occidentali) alla ricerca di nuove speci da studiare e campionare, io invece per ora mi sono accontentato di avventurarmi in un garden center della periferia di Osaka alla ricerca di qualche esemplare originale.

Questo è stato il primo acquisto. Non un esemplare raro di orchidea ma il mitico fertilizzante Hyponex. Dico mitico perché lo si trova citato in moltissimi testi e post relativi alla preparazione di substrati casalinghi per la germinazione dei semi di orchidee e in Italia a quanto pare non è commercializzato. Hyponex è la marca di fertilizzanti che va per la maggiore in Giappone, ce ne sono ovviamente di ogni genere e tipo, in polvere, liquidi, per questa o quella pianta. Io alla fine ho presa una confezione specifica per orchidee con NPK 6-6-6, vitamine e, stando a quanto riportato sull'etichetta (se non leggete il giapponese vi dovete fidare), di un composto a base di zuccheri di derivazione naturale che mi fa andare la mente a un mio esperimento di qualche tempo fa, oltre al fatto che nel gel di germinazione normalmente si mette una certa quantità di saccarosio.

Queste invece sono le orchidee vere e proprie. Data la stagione, la maggior parte delle varietà in vendita erano bulbose pronte ad essere messe a dimora.
Qui abbiamo due tipi di pleione, uno giallo e uno rosa, una bletilla striata rosa pallido, e un'habenaria radiata che in giapponese è chiamata 鷺草 (sagiso), ossia erba-airone, per la peculiare forma dei fiori che ricordano le ali e il becco di un bianco airone.
Rimanendo al tema di questo blog, in fondo anche l'acquisto è in un certo senso un metodo di propagazione asimbiotica. Permette di aumentare il numero di esemplari e di estenderne il loro areale anche a svariate migliaia di chilometri di distanza dalla pianta madre. Per le orchidee, una strategia evolutiva decisamente vincente...

All'interno delle confezioni i bulbi, uno o due a seconda della varietà, sono contenuti in un vasetto di plastica avvolti nello sfagno umido.
Per la messa a dimora ho seguito le indicazioni di un libro molto dettagliato sulla coltivazione delle orchidee autoctone giapponesi che già in passato mi aveva fornito alcuni informazioni e spunti interessanti. Come base del substrato per quasi tutte le terricole giapponesi si trova spesso il terreno akadama, letteralmente "palline rosse", una specie di tufo color terra di siena in forma di piccole palline di varie dimensioni. E' spesso utilizzato anche nella coltivazione dei bonsai perché ha la caratteristica di assorbire l'acqua e rilasciarla progressivamente senza che il liquido resti a contatto con le radici, cosa che potrebbe causare marcizioni. In più, essendo di origine vulcanica, contiene un gran quantitativo di minerali utili allo sviluppo della pianta. Insomma un terreno ideale, da mischiare, a seconda delle varietà, con perlite, lapillo vulcanico, torba di sfagno, sabbia, etc.
Il problema è che in Italia l'akadama ha prezzi completamente assurdi. Per un sacchetto da 10 chili si può arrivare a pagare 20-30 euro. E qui sorge spontanea una riflessione. Perché nel garden center giapponese dove ho fatto acquisti, ovviamente c'era anche l'akadama. E il prezzo per un sacchetto da 10 o forse anche 20 chili era di poco più di 300 yen, che al cambio attuale fanno poco più di 2 euro. Insomma, l'akadama in Giappone è del comunissimo e banalissimo terreno per le piante che costa anche meno del compost da geranei nostrano.
Anche considerando i costi di trasporto dal lontano Sol Levante e lo smercio che, per quanto anche da noi ci siano gli appassionati di bonsai, resta sicuramente ridotto, appare difficile giustifcare un ricarico del 1000% o più se non con la volontà di certe ditte specializzate in prodotti per bonsai di approfittarsi della dabbenaggine degli italiani. Insomma, alla fine, un paio di chili di akadama a 10 euro sono stato costretto a comprarli ma giuro che la prossima volta, a costo di pagare l'extra previsto per il superamento dei limiti di peso del bagaglio da stiva, me ne ritorno con un sacchetto di akadama in valigia. O provo a utilizzare il tufo delle crete senesi.

giovedì 12 febbraio 2015

Nuova fioritura

Al rientro della lunga gita gipponese dei cui risvolti orchidofili racconterò presto, ho trovato una piacevole sorpresa. Un'altra fioritura di una pianta derivata da seme. Questo dev'essere proprio l'anno giusto.
Anche di questa ho perso la classificazione ma il colore dei fiori ci da' sicuramente un solido e inaspettato indizio. Si tratta quasi sicuramente di una phalaenopsis 4, l'ultima in ordine temporale ad esser stata seminata. Andandomi a rivedere un po' di post vecchi constato che, ammesso sia veramente lei, la semina della phalaenopsis 4 è avvenuta a settembre del 2011, il che mi metterebbe finalmente in linea con quelle che sono le medie per arrivare alla maturazione della pianta partendo dalla riproduzione sessuata, cioé circa 3-4 anni.
La pianta madre di phalaenopsis 1 ha fiori candidi piuttosto grandi, come effettivamente la pianta che sta fiorendo, e non ricordo di altre piante madri con fiori bianchi. Oppure è il risultato delle caratteristiche del polline utilizzato sulla pianta ospite. La piantina era ancora relativamente piccola, infatti mi sono stupito quando ho notato che aveva emesso uno stelo floreale, a riprova del fatto che alla fine è effettivamente la luce il fattore determinante.
La delusione invece deriva dalla poca divergenza tra pianta madre e figlia. Da qualche parte avevo letto della grande variabilità genetica delle phalaenopsis, dovuta anche al gran numero di incroci che vengono effettuati prima di arrivare all'ibrido commerciale, il cui patrimonio genetico si accumula nel DNA finale pronto a riemergere alla prima occasione. E invece nelle prime due fioriture ho avuto praticamente dei cloni delle piante d'origine, tanto che per il momento non sto procedendo ad alcuna nuova impollinazione, nella speranza di avere presto del materiale genetico un po' più originale da utilizzare. La prossima fioritura in programma infatti sarà una novità assoluta, almeno per me, una phalaenopsis acquistata ancora in fiasca alla fiera delle orchidee di Bologna a primavera 2012, incrocio tra una "red ink" e una "fasciata".