sabato 31 ottobre 2009

Aggiornamento Keiki

Il keiki della Pahlaenopsis 3 procede a grandi passi, anzi i keiki dovrei dire, in quanto al momento sono 4, 2 per 2 dei 3 steli che ancora porta dalla fioritura dell'anno scorso. Mi chiedo se sia normale una tale esplosione. E' anche vero che la pianta è stata abbondantemente fertilizzata la stagione scorsa. Essendo aumentata la superfice fogliare, anche le foglie dei keiki continuano ad ingrandire, sto spruzzando la pianta ogni due o tre giorni. Non voglio bagnarla troppo per non rischiare marciumi.

venerdì 30 ottobre 2009

Un pacchetto dagli Stati Uniti

Alla fine è arrivato. Dopo settimane di malcelata spasmodica attesa in cui, mattina e sera, scendevo di soppiatto a controllare la cassetta della posta, non volendo ammettere nemmeno a me stesso la tensione dell'attesa, alla fine, questa mattina, nella forma di un bel pacchetto quasi cubico, sono arrivati i terreni di coltura che avevo ordinato ormai ben più di un mese fa all'Orchid Seed Bank Project del dottor Aaron Hicks che, devo dire, si era dimostrato subito disponibile a inviarmene, a sue spese, degli altri nel caso in cui non fossero arrivati.
E' probabile che la piccola confezione sia stata a lungo ferma in dogana, anche se in realtà non mi è arrivata alcuna comunicazione a riguardo. Effettivamente gli scambi postali con gli Stati Uniti sono sempre stati problematici. E come dar loro torto in questo caso. All'interno del pacchetto, in due bustine trasparenti termosigillate, fine polvere nera e fine polvere grigia. Nella migliore delle ipotesi droga, nella peggiore antrace o chissà cos'altro.
In realtà si tratta, ovviamente di substrati nutritivi per la semina di orchidee. Il primo è tipo Phytamax ma appositamente modificato per evitare la morte improvvisa che talvolta colpisce inspiegabilmente una florida cultura. "Browning out" la chiamano sui forum e siti in inglese. Pare possa essere dovuta a carenza di alcuni elementi, sbalzi di temperatura, eccesso di salinità del terreno di coltura. Insomma potrebbe essere causata da qualsiasi cosa. Qui l'ingrediente "segreto" dovrebbe essere banana in polvere.
L'altro è un terreno appositamente studiato per il ripicchiettagio e anch'esso, dall'odore che ha fatto durante la preparazione, contiene sicuramente abbondanti dosi di banana.

mercoledì 21 ottobre 2009

Sedirea Japonica 名護蘭

Ultimo arrivo oggi per corriere espresso (ieri erano arrivati i semi di bletilla striata dall'Inghilterra). E' giunta in uno scatolone pieno pieno di carta di giornale, anch'essa avvolta in carta di giornale, una sedirea japonica, o nago ran (名護蘭), come la chiamano in Giappone, ossia, come dice il nome stesso, nel paese dal quale proviene. Ad essere precisi e stando al nome "Nago", la provenienza è in realtà quasi tropicale, Nago è infatti parte dell'arcipelago di Okinawa (http://www.city.nago.okinawa.jp/), le più meridinali delle isole nipponiche.
La pianta è veramente accattivante alla vista. Sembra in tutto e per tutto una mini phalaenopsis, con le foglie tonde e carnose e le spesse radici aeree che escono dal piccolo vaso a retina riempito di sola corteccia a media pezzatura. Pare aver retto bene il trasporto, forse anche grazie al voluminosissimo imballo.
A leggere in giro sembrerebbe pianta da esigenze piuttosto spartane. L'ho sistemata nell'intercapedine delle doppie finestre dove, stando a quanto dicono le varie guide alla coltivazione, dovrebbe stare benone. Esposizione ovest, temperatura diurna attorno ai 20°, notturna attorno ai 15°/16°. L'unico problema potrebbe essere l'umidità. Nei prossimi giorni valuterò i metodi per bagnarla.
Ad ogni modo, a quanto dicono, per avere la fioritura la piccola sedirea deve attraversare un periodo fresco/freddo con poche annaffiatura. In poche parole deve rendersi conto che è arrivato l'inverno, altrimenti non fiorisce. Vedremo di farglielo capire insomma, sempre che l'età della pianta le permetta la fioritura.

sabato 17 ottobre 2009

Una lettera dalla Thailandia

Altri arrivi oggi. Questa volta dalla Thailandia. E chissà perché continuo a sentirmi sempre più simile a un tossico. Nella bella busta Air Mail, piena di francobolli (da 72 baht con pittoresco elefante), etichette e timbri, avvolta con cura in carta e schiuma antiurto, c'era una bustina di plastica con dentro della polvere giallina...
Eccoli qua, i semi, qualche migliaio, di una Cattleya "Big Dark Ruby", come recita la scritta sul foglietto con immagine allegato alla bustina.
Un po' di semi sono già in ammollo nella solita soluzione di acqua e zucchero. E' che mi sono finite le fiasche con il substrato. Me ne è rimasta solo una che svanirà anch'essa domani.

Ripicchiettatura

E' arrivato il freddo e ieri, spostando la scatola di plastica dal davanzale del doppio vetro dove incominciava a fare troppo freddo, una fiasca di Phalaenopsis 1, precisamente di bacello 4, è caduta facendo un macello delle piantine che vi crescevano all'interno. Era da un po' che meditavo il ripicchiettaggio. Le pantine di questo bacello, seminato il 26 giugno 2009 nel momento giusto, quando era perfettamente maturo ma ancora chiuso, si stavano sviluppando molto. In particolare l'apparato radicale, nelle ultime settimane aveva avuto una vera e propria esplosione. Insomma, lo scombinamento della caduta mi ha dato il pretesto per trapiantare.
Solita cappa sterile, pinze da numismatica, acqua sterile. Questa volta ho anche sperimentato le garze sterili che ho comprato l'altro giorno. Il rivestimento in carta delle garze è abbastanza impermeabile così che una volta spruzzato tutto con la candeggina, aprendo la confezione di garza ho a disposizione del tessuto asciutto per pulire la plastica della cappa, ottenendo così una visione più nitida, e per asciugare pinzette e altro materiale dall'eccesso di candeggina.
Ho quindi eliminato un po' di protocormi morti e sfoltito le piantine, risistemando quelle che si erano ribaltate e cercando di farle stare dritte il più possibile. Il substrato, in attesa che arrivi quello specifico per i trapianti dagli Stati Uniti, è il vecchio Murashige & Skoog.
Già che c'ero ho lasciato da parte un po' di piantine e di protocormi in fase avanzata per sperimentare il nuovo substrato a base di muschio vivo che ho preparato la settimana scorsa.
Metà di questi protocormi li ho prima messi in ammollo in una soluzione di fungicida sistemico Previcur, 0,30 ml per 100 ml di acqua distillata.
Ecco il risultato. Ho poi inumidito con dell'acqua distillata versata da una siringa e coperto con il tappo senza però avvitare.

Protocormo policistico

Nel corso dell'ultimo ripicchiettaggio della fiasca di Palaenopsis 1/4,ho notato anche alcuni protocormi che già si erano fatti notare attraverso il vetro del vaso. Li ho chiamati protocormi policistici. Sono dei protocormi, molti anche piuttosto grossi, ricoperti di puntini verdi che somigliano molto a gemme. Ne ho lasciati alcuni dentro le fiasche e vedremo cosa succederà. E' anche vero che alcune delle piantine, effettivamente hanno due apici vegetativi che partono dal medesimo globulo. Sarà interessante vedere se queste orchidee siamesi saranno in grado di sopravvivere e svilupparsi. Ovviamente non mancheremo di aggiornare gli sviluppi.

venerdì 16 ottobre 2009

Presentazione Phalaenopsis Cornu-Cervi


Eccola qua. Sì, effettivamente non si vede un granché. A guardare bene è quel puntino esattamente al centro dell'immagine. Potrebbe sembrare un granello di polvere sul vostro schermo ma è in realtà un seme di Phalaenopsis Cornu-Cervi seminato da non più di 24 ore. Per presentare le nuove specie piantate a partire da semi non autoprodotti ho deciso di non pubblicare anonime fotografie scaricate da qualche parte. Non pubblicherò quindi foglie o fioriture che non siano quelle delle piante seminate. Ciò, nella migliore delle impotesi potrebbe richiedere almeno un paio di anni, ma si sa, la coltivazione delle orchidee in vitro, ormai è ufficiale, è una pratica zen. E poi, il senso del "progetto" è proprio quello di monitorare le varie fasi di crescita e sviluppo delle orchidee piantate a partire dai semi.

Nuovi Arrivi 2 - La semina

Ed eccoci alla semina dei nuovi arrivati. Finito l'ammollo in acqua e zucchero, siamo passati alla fase di sterilizzazione eseguita con acqua ossigenata. I semi sono stati suddivisi per siringa. Questa volta ho utilizzato siringhe da insulina (mi sento sempre più simile a un tossico) che ho scoperto che, una volta tolto l'ago, hanno un'apertura sufficientemente larga da lasciar passare agevolmente liquido e semi, etichettate così da non confondere le fiasche (anch'esse preventivamente etichettate con ciò che andranno a contenere) e inserite nel porta-provette così da facilitarne la maneggiabilità e la sterilizzazione nella scatola guantata.
La semina è stata piuttosto laboriosa, inevitabilmente data la volontà di tenere le semine separate per varietà, ma dovrebbe essere andata a buon fine.
Il problema è adesso il numero di fiasche che incomincia ad essere importante, tanto che non so più dove metterle (e deve ancora arrivare la seconda partita di Bletilla e quella di Cattleya dalla Thailandia). Per ora ne ho sistemati un po' sul davanzale del salotto, che è esposto a sud e ha una buona illumninazione e temperatura, e un po' in cima a mobili di varie stanze: salotto, cucina, bagno, dove se ne stanno tranquilli tranquilli.

mercoledì 14 ottobre 2009

Fasi di semina e germinazione

Vediamo un po' di fasi di semina e di crescita di una Phalaenopsis in vitro, in questo caso siamo partiti da una capsula aperta, quindi con semi secchi, anche se non completamente, contaminati e quindi da sterilizzare. Nell'immagine sono quella polverina impalpabile a sinistra del bacello ormai secco. La lanugine chiara che si vede credo siano le fibre interne al bacello attaccate alle quali i semi traggono nutrimento e sviluppano. Questa particolare capsula ha avuto una maturazione di circa sei mesi. L'apertura è avvenuta in luglio, mentre ero in vacanza. Temendo che ciò potesse accadere, avevo attaccato alla capsula un pezzo di carta pinzettato in modo che formasse una specie di imbuto entro il quale i semi potessero raccogliersi in caso di apertura. Cosa che effettivamente si è verificata. La semina con capsula non ancora completamente aperta è per certi versi più semplice e da' una minore probabilità di contaminazioni e una più rapida germinazione. La vedremo in un post futuro.
Per la sterilizzazione eseguo un metodo che è la sintesi di tutta una serie di letture a riguardo fatte su internet. Prima di tutto metto i semi in una siringa con acqua distillata e zucchero. Questa procedura ha la doppia funzione di idratare i semi prima dell'impianto sulla gelatina nutritiva e di attivare eventuale spore di muffe e batteri che in stato dormiente spesso si ricoprono di una membrana protettiva che potrebbe risultare inattaccabile dal successivo sterilizzante. I semi restano in ammollo circa 24 ore. Dopodiché, rimosso quanto più liquido possibile, la siringa con i semi all'interno viene riempita di acqua ossigenata. In realtà vi sono vari metodi di disinfezione. Molti utilizzano soluzioni con varia concentrazione di candeggina. Altri si affidano a soluzioni fungicide professionali.
L'acqua ossigenata ha il vantaggio di non puzzare e soprattutto non devo stare attento ai tempi di immersione come con la candeggina, che se lasciata a contatto dei semi troppo a lungo rischia di bruciarli. L'acqua ossigenata invece, con il passare del tempo, liberando ossigeno si trasforma in semplice H2O. Finora le contaminazioni sono state pochissime e le percentuali di germinazione molto buone.
Nell'immagine si vedono i semi di Phalaenopsis all'interno della siringa che fluttuano immersi nella soluzione di acqua ossigenata. Normalmente si produce un certo gradevole perlage dato dal liberarsi dell'ossigeno.
La fase successiva prevede l'utilizzo della cappa sterile. Sterilizzati i barattoli con il substrato, la siringa e tutto ciò che serve alla semina, si provvede all'inoculazione. Quest'ultima avviene sempre per mezzo della siringa alla quale viene però tolto l'ago poiché, per quanto piccoli, i semi non riescono a passarvi attraverso. Viene elimata la residua acqua ossigenata e sostituita con dell'acqua distillata sterile. Io utilizzo quella in fialette monodose che si può acquistare in farmacia (quante volte devono avermi scambiato per tossico). In questo modo è possibile controllare il quantitativo di semi che viene inserito per ciascuna fiasca colturale. In tutte le fasi in cui si scarica e ricarica la siringa con i semi dentro, bisogna stare attenti a non sputarli fuori. I semi della Phalaenopsis hanno il vantaggio di depositarsi sul fondo. Con altre specie, tipo la Bletilla e altri semi di orchidee terrestri, forse per qualche tipo di patina cerosa che li ricopre, essi invece hanno la fastidiosa tendenza a galleggiare in superficie per cui a volte è meglio utilizzare altri metodi che illustreremo in altri post.
Una volta che l'atmosfera dell'ambiente di lavoro è completamente sterile apro i barattoli e in ciascuno verso due o tre gocce di acqua e semi dopo aver ben agitato la siringa. In questo modo si riescono ad avere colture non eccessivamente fitte di protocormi e si riescono a ridurre i ripicchiettaggi che se effettuati quando ancora i protocormi sono molto piccoli rischiano di fare stragi.
A volte tuttavia scappa la mano e mi sono trovato con barattoli sovraffollati di protocormi. In genere comunque il dosaggio funziona.
Ed ecco il risultato: tanti microscopici semini chiari che galleggiano sul velo d'acqua sopra il substrato (in questo caso si tratta di terreno Phytamax). I barattoli vanno quindi collocati in luogo tiepido, possibilmente con temperatura costante tra i 25 e 27 gradi (tollerano anche escursioni sopra i 30 o discese fino a 20/19, e con buona illuminazione ma non direttamente esposti al sole.
A un mese circa dalla semina, se tutto è andato per il verso giusto, l'aspetto delle fiasche è questo:
E qui siamo alla fase attuale, a circa 4 mesi dalla semina, di una delle fiasche cha hanno dato i migliori risultati. Stanno spuntando la seconda foglia e le prime radici.

Nuovi Arrivi

Oggi finalmente è arrivata parte dei semi che ho ordinato in un impeto di follia compulsiva la settimana scorsa. Si tratta di una nuova "dose" di Bletilla Striata, una di Dendrobium Draconis, Dendrobium Linguella (gentilmente regalatami dal mio pusher) e una di Phalaenopsis Cornu-Cervi.
Adesso mi mancano dei semi di Bletilla dall'Inghilterra e dei semi di Cattleya dalla Thailandia, che a dire il vero mi danno un po' di preoccupazione. Se ci dovesse essere un controllo, sarà complesso spiegare ad eventuali Carabinieri o Guardia di Finanza che quelle bustine di polverina marrone in arrivo da Bangkok sono semi di orchidea.
Comunque questo giro ho cercato di fare le cose per bene, e per l'ammollo pre-sterilizzazione in acqua e zucchero ho utilizzato delle provette con tappo in gomma acquistate, assieme a un comodo portaprovette, in un negozio di articoli sanitari che mi ha già fornito parecchio materiale (misuratore di ph, garze sterili, acqua da iniezioni, ecc.). Ormai mi conoscono e ogni volta, con un'espressione che non capisco ancora se sia di ironica canzonatura o viva curiosità, mi chiedono "a cosa serve?".
Dunque, per non fare confusione con le semine, ho etichettato le provette e con una spatola ho immesso un "pizzico" di semi in ciascun contenitore. Ho deciso di conservare un po' di semi per provare i nuovi substrati che ho ordinato, nel solito raptus della settimana scorsa, dal'Orchid Seed Bank Project, e che dovrebbero ormai essere in dirittura d'arrivo. Ho quindi aggiunto un altro "pizzico" di zucchero e poi, con la siringa, ho coperto il tutto con dell'acqua distillata sterile da iniezione. Fatto sciogliere il tutto ho lasciato in ammollo.
Alcune considerazione inutili sui semi. La cosa che stupisce di più sono le dimensioni di quelli di Bletilla. Grossi, comparativamente a quelli delle altre orchidee,ovviamente. Non stupisce quindi che siano così proni a germinare anche su substrati quasi comuni. Stupisce altrettando la minutezza di quelli di Dendrobium. Paiono polvere di farina. Altrettanto minuti si sono rivelati quelli della Phalaenopsis Cornu-Cervi, così sottili e diafani da farmi temere fossero privi di embrione. Dopo un po' di ore in ammollo in realtà si sono leggermente gonfiati, lasciando intravedere il globulo biancastro dell'embrione. Queste considerazioni sono possibili grazie a una potente lente di ingrandimento. Ovviamente.
Tutti i semi tendono a galleggiare, soprattutto quelli di Bletilla, che dopo la disastrosa esperienza dell'altra volta, ho pensato bene di lasciarli stare così. Con il passare delle ore tuttavia, gonfiandosi d'acqua, tendono a cadere sul fondo della provetta.
Dovrei lasciarli così un 24 ore circa e poi domani si parte con la grande campagna di semina.

mercoledì 7 ottobre 2009

Isteria

Adesso che le mani hanno smesso di tremarmi posso scrivere sulla tastiera. Sono state 36 ore di'inferno. Tutto ciò che poteva succedere è successo. Alla fine, di un migliaio di semi dell'appena giunta bletilla striata, ne sono riuscito a seminare 5, forse 8 in tre fiasche. E non è nemmeno detto che siano fertili. Ecco che la rabbia ricomincia a farmi tremare le mani. No, devo stare calmo.
Insomma, sti c...o di semi di bletilla non ne vogliono sapere di stare in ammollo. Continuano a galleggiarsene belli belli sulla superficie dell'acqua zuccherata. Anche dentro la siringa si ammassano. Peggio. Nella siringa in plastica si attaccano alla parete come se fossero incollati. Lo stantuffo li ammassa ancora di più. Così non ci sarà verso di farli uscire. Idea. Ci metto una goccia di detersivo per piatti. Spezza la tensione superficiale e magari mi rimuove anche il rivestimento ceroso (presunto) dei semi. Mentre cerco di aprire la siringa con dentro i semi, lo stantuffo si blocca, forzo, forzo troppo e la siringa si apre in modo inconsulto versando il suo contenuto, acqua zuccherata e semi di bletilla su tutto il tavolo. Orrore. Che faccio. Li rimetto nella siringa. Aspiro pian piano l'acqua mista semi dal tavolo con la siringa e li verso in un bicchiere. I semi iniziano a diminuire. Ne saranno andati persi a centinaia per la cucina. Fortuna che non sono radioattivi. Cerco di rimetterli nella siringa. Ma intanto la goccia di detersivo incomincia a fare schiuma. Tanta schiuma. E mi domando come sia possible che una piccola, piccolissima goccia di detersivo per i piatti faccia così tanta schiuma. Travaso il tutto aggiungendo acqua distillata per diluire il detersivo. Travaso, travaso. Alla fine dopo mezz'ora di travasi ho tre bicchieri pieni di schiuma, semi, acqua sempre meno zuccherata. Sempre meno semi restano nel bicchiere in cui li vado radunando. Alla fine ritengo che non ci sia più detersivo. Sul fondo della tazza saranno rimasti una trentina di semi. Via, non è poi malaccio. Così radi nella fiasca non ci sarà bisogno di ripicchiettaggio. Vuoto i bicchieri con l'acqua saponata. Faccio per prendere la tazza con dentro i semi ma dentro non è rimasto nemmeno un seme. Ma manco uno. Magia? Non lo so, ancora non me ne capacito. E anzi è meglio se smetto di pensare a come possano essersi smaterializzati perché la cosa un po' mi intimorisce un po' mi fa tremare le mani di rabbia. Sono senza semi. Che fare. Guardo sul tavolo e vedo che ci sono delle gocce avanzate dal primo incidente in cui sono rimasti un po' di semi. Con la siringa cerco di aspirarne. Mi sento come i tossici che leccano le rane velenose. Riesco a recuperane qualcuno.
Li rimetto in acqua e zucchero, ma adesso uso la siringa in vetro. Un residuato bellico che però fa il suo dovere perché i semi non si attaccano alle pareti. Oramai è mezzanotte, tempo di andare a letto. Appoggio il bicchiere con dentro dei semi che non ho voglia di aspirare con il solito lavoro certosino e sopra appoggio la siringa, orizzontale perché i semi non ne vogliono sapere di stare immersi e così almeno sono completamente a contatto con l'acqua. Mi assicuro che la siringa sia stabile. La guardo. E' perfettamente ferma. Mi giro per andarmi a lavare i denti e immediatamente un rumore secco e sinistro mi annuncia che la siringa è caduta a terra andando in frantumi con tutto il suo contenuto. La stessa forza che ha fatto sparire i semi ha spinto la siringa giù dal bicchiere, ok va bene, io sono anche mona che l'ho appoggiata sul bicchiere. Ad ogni modo, ora mi trovo con il pavimento pieno di vetri accuminati, acqua zuccherata e semi di bletilla striata. Cerco di contenere la crisi isterica che mi sta assalendo e mi metto a raccogliere i vetri. Mi taglio anche un dito. Con un panno asciugo il pavimento che sento diventare appiccicoso. Per un attimo penso di sciacquare il panno usato e recuperare qualche altro seme. Poi desisto. Guardo nel bicchiere. Qua e là dei puntini ondeggianti mi rassicurano sul fatto che qualche seme è rimasto.
Decido di andare a dormire anche se so che non sarà facile addormentarsi. Il nervoso mi scuote.
Dormo male, un sonno agitato da sogni strani. Vedo la mia ragazza completamente ricoperta di tatuaggi dai colori sgargianti come un capo yakuza. Di fronte al mio stupore, mi guarda con sufficienza chiedendomi "che c'è".
Mi sveglio con la bocca impastata e il torcicollo che sono le 6.30 di mattina. Ho un solo pensiero in testa. Bevo un caffé in fretta e preparo la cappa sterile. Non posso usare la siringa in plastica e la siringa in vetri è andata in frantumi, così riciclo una pipetta in vetro di un flacone di soluzione di iodio. Beccare quei pochi semi rimasti da dentro la cappa sterile è un'impresa, per lo più vado a intuito sperando che qualcosa dentro le fiasche effettivamente ci finisca.
Metto le fiasche nella piccola serra ma non sono soddisfatto.
Passo il resto della giornata scosso dall'inquietudine.
Devo fare qualcosa.
Devo riprendere i semi di bletilla ma il nervoso è tanto e così oltre che dal mio dealer ne acquisto di un'altra varietà da un negozio on line inglese. Poi, compulsivo, ordino in Thailandia dei semi di Cattleya. Ma non basta, e preso dal raptus mi getto su un lotto di semi di dendrobium draconis e uno di phalenopsis cornu - cervi.
Adesso va un po' meglio. Speriamo arrivino presto.

martedì 6 ottobre 2009

Bletilla Striata


E' arrivata oggi. L'avevo ordinata la settimana scorsa e il mio "dealer" è sempre molto rapido ed efficiente.
Nella busta c'è una piccola capsula in plastica. Dentro la solita polverina grigia. No, ovviamente non è eroina. Sono semi di Bletilla Striata. Ne ho acquistati 300 ma secondo me ce ne saranno un migliaio dentro.
La Bletilla è un'orchidea terrestre originaria dell'Asia Orientale, Taiwan, Cina e Giappone. Ha foglie slanciate e affusolate e piccoli fiori, molto regolari, di colore viola o bianchi. Si sviluppa in cespi folti producendo dei tuberi globulari. E' abbastanza resistente al freddo, e se l'inverno non è troppo rigido, pare che possa essere lasciata all'aperto. Da qualche parte ho letto che in alcune zone dell'appennino delle varietà di bletilla si sono inselvatichite.
I semi che ho preso, vi è scritto sulla bustina dentro cui è posta la capsula, sono di Bletilla color viola.
A prima vista i semi paiono più grossi (se qualche frazione di millimetro si può considerare "grosso") e pesanti di quelli di Phalaenopsis. Forse è per questo che sono considerati di piuttosto facile germinazione e rapida crescita, avendo un minimo di riserva di nutrimento in più rispetto a quelli delle epifite.
Intanto, essendo i semi secchi, li ho messi nella solita soluzione di acqua demineralizzata e zucchero per farli riavere e un po' e attivare eventuali spore dormienti di muffe che verranno poi eliminate nella successiva sterilizzazione.
Altra cosa che salta subito all'occhio come differenza rispetto ai semi di Phalaenopsis è il fatto che i semi galleggino sull'acqua. Cosa che avevo già notato con i semi di alcune orchidee terrestri nostrane che avevo provato a seminare, con un discreto insuccesso, tempo addietro. Ciò potrebbe essere dovuto al fatto che i semi sono particolarmente secchi, o a qualche tipo di strato protettivo ceroso. A questo proposito sto valutando l'impotesi di aggiungere una goccia di detersivo all'acqua per rompere eventuali tensioni superficiali che possano proteggere batteri e muffe.

lunedì 5 ottobre 2009

Prime radici

Nuova fase di sviluppo. Nelle prime fiasche dell'ahime defunta Phalaenopsis 1 sono spuntate le prime radichette. Tutte più o meno contemporaneamente allo spuntare della seconda foglia. Nella prima fotografia della capsula 1/3, una di quelle che, seminata su substrato Phytamax, ha dato tra i migliori risultati, è quel piccolo globo a sinistra. E' ricoperto di una fitta peluria come quella spuntata nella fase più avanzata dei vari protocormi.

In questa piantina di capsula 1/4 seminata su terreno Murashige & Skoog, la crescita della radice è quasi abnorme. E' quella specie di bananone (di alcuni millimetri in realtà) che sta superando, per lunghezza e diametro le foglioline della pianta da cui si propaga.
A questo punto incomincia a farsi strada il dubbio su quando sarà il momento opportuno di effettuare il trapianto esterno. Un dilemma che non mancherà di appassionarci nelle prossime settimane e nei prossimi mesi.