domenica 17 giugno 2012

Cypripedium e compagne

Lo ammetto, un po' ho barato. L'altro giorno, parlando con un'amica guida naturalistica le ho chiesto dov'è che potessi trovare nella nostra zona il cypripedium calceolus, l'orchidea selvatica nostrana dalle forme più esotiche ma ahimè sempre più rara. E' da qualche anno che la cerco durante le mie escursioni ma finora non avevo mai avuto successo.
Non mi aspettavo mi rispondesse con tanta sicurezza e, carta e penna alla mano, in quattro e quattr'otto mi ha disegnato una cartina degna di una caccia al tesoro con uno dei siti più importanti dove questa specie è presente in abbondanza.
Così mi sono avventurato nel parco della Lessinia e percorrendo alcuni sentieri CAI ben segnati, attraverso boschi e prati montani sono arrivato, non senza una certa titubanza, a uno dei due siti che mi era stato indicato.
 

Devo ammettere che ho provato una certa emozione, anche perché il cypripedium calceolus, anche detto scarpetta o pantofola di Venere, vive in grandi e fitte colonie e il colpo d'occhio è davvero notevole. Su un'area di un paio di centinaia di metri quadri, la radura, attraversata dalla strada, è letteralmente ricoperta dalle foglie verde pallido da cui, come tante palline da tennis, spuntano i fiori con il grosso labello giallo e rigonfio. Se si lascia la strada per avvicinarsi a fare qualche foto, bisogna stare davvero molto attenti a non calpestarle.
Il cypripedium è una specie davvero singolare. Ha un sistema di impollinazione molto sofisticato. Il fiore è privo di nettare anche se emana un quasi impercettbile aroma. Una volta che un insetto cade nel labello, deve sudare sette camicie per uscirne attraverso uno stretto passaggio obbligato attraversando il quale raccoglie le sacche polliniche che depositerà nel pistillo di un altro fiore se mai andrà a finirvi nuovamente.
Anche la propagazione da seme è piuttosto complessa. Chi si cimenta con la germinazione asimbiotica sa che il seme da bacello completamente maturo si ricopre di un tegumento che gli impedisce di entrare in contatto con il substrato nutritivo a meno di non essere preventivamente trattato. Ha poi bisogno di un periodo al buio e di uno al freddo per proseguire con la crescita.
Anche in natura pare che sia piuttosto difficile che riesca a riprodursi da seme, per cui in realtà queste grandi colonie sono per lo più il frutto della propagazione da rizoma con cui questa specie si assicura una più facile propagazione. (Per maggiori informazioni: http://www.lidaforsgarden.com/Orchids/cypripedium_eng.htm)

Non pubblico ovviamente qui le indicazioni per raggiungere il sito, ma chi sia interessato può scrivermi privatamente. Tra l'altro, lungo il percorso c'è un'abbondanza notevole di orchidee spontanee di numerosissime altre specie: Dactylorhize maculate più numerose delle margherite di campo, Cephalanthera longifolia, Lystera Ovata da cercare con attenzione perché si confondono nel verde, qua e là qualche Platanthera Chlorantha, numerose Neottie Nidus-Avis che fanno sempre una certa impressione.


mercoledì 13 giugno 2012

L'intruso

Era un po' che non ne parlavo. Non parlo mai volentieri degli insuccessi, e la phalaenopsis 4, dopo dopo un inizio promettente con abbondante formazione di protocormi su substrati vari, era rapidamente virata al bianco scadendo nel più classico e deprimente "browning out".
Prima che i protocormi morissero del tutto, avevo infilato alcune fiasche di Phal-4 nella cappa di sterilizzazione e avevo cercato di salvare il salvabile spostando i globuletti verde pallido sui substrati freschi su cui andavo seminando o ripicchiettando le bletille o le neofinetie delle ultime attività. Non che sperassi realmente di salvarne alcuna, ma mi spiaceva lasciarle morire così miseramente senza dar loro alcuna speranza.
E poi, tra le lanceolate bletille e le piccole neofinetie, qualche tempo fa sono spuntati degli estranei. Protocormi grassi e verdi che tradiscono la genetica materna. All'inizio ho pensato a una neofinetia particolarmente vigorosa ma poi, allo spuntare della prima foglia e della prima radice, tutto si è chiarito. La foto sopra è inequivocabile anche se non rende giustizia della radice a salsicciotto che si sta intrufolando nell'agar morbido. Il confronto con la piccola neofinetia è esplicativo.
E così continua il capitolo phalaenopsis 4 che pensavo oramai del tutto chiuso.

lunedì 11 giugno 2012

Impollinazione Sedirea Japonica

Finalmente quest'anno, dopo un esemplare morto e due anni senza successi, sono riuscito a portare una sedirea japonica a fioritura con tre begli steli floreali. La cura da cavallo di aminoacidi, integratori, concimazioni programmate e illuminazione di rinforzo, ha inoltre stimolato la crescita di nuove foglie di maggiori dimensioni e radici.
I fiori assomigliano a quelli di certe phalaenopsis botaniche ma in miniatura, con un buon profumo tra il gelsomino e la zagara, e d'altronde il periodo di fioritura è più o meno il medesimo.

Ovviamente ho subito provveduto a effettuare un po' di esperimenti con polline di seidrea su ibridi commerciali di phalaenopsis e viceversa. Nessuno ha tuttavia avuto successo, e come unica conseguenza vi è stata l'accellerazione dell'appassimento dei fiori. Li si nota nell'immagine sopra. Sono i fiori più arretrati sulla destra che vanno avvizzendo.
Così alla fine mi sono rassegnato ad effettuare la solita noiosissima autoimpollinazione che, almeno questa, ha dato i risultati sperati.


Si vede bene nell'immagine sopra il picciolo che si va ingrossando con una certa rapidità, caratteristica, quella della velocità, tipica delle epifite giapponesi che, pur mantenendo molte delle caratteristiche delle sorelle maggiori della fascia tropicale, hanno però bioritmi adattatisi al normale trascorrere delle stagioni che prevedono anche un normale inverno con relativa stasi e "sanno" che devono darsi da fare in tempi brevi.
Ho comunque provveduto a fare incetta di polline, messo in una piccola fialetta e conservato in congelatore. La neofinetia falcata a breve fiorirà e ci sarà da fare qualche esperimento di impollinazione incrociata con una specie forse più affine.
Mi riprometto inoltre di acquistare una miniatura di phalaenopsis e di provare ancora qualche incrocio. In rete ho visto che è teroricamente possibile.
Sempre ammesso che questo metodo di conservazione del polline in freezer lo mantenga fertile.

Il Leviatano


Non è un grumo di semi germinato tutto insieme, ma una proliferazione di gemme apicali da alcuni embrioni di neofinetia falcata.
Purtroppo non ho ancora trovato un modo per scrivere i dati delle fiasche in modo che resistano alla sterilizzazione. (Falso in realtà, il metodo c'è, l'ho usato in passato, ma richiede tempo e io mi stufo.) Comunque il punto è che credo che il barattolo faccia parte di una partita di fiasche in cui avevo addizionato acqua di cocco. E questo potrebbe essere il risultato degli ormoni presenti nel liquido che ha stimolato la proliferazione apicale creando questo mostruoso grumo di protocormi gemelli che stentano a emettere foglie e temo moriranno miseramente.
Fortunatamente non è toccata la stessa sorte a tutti i protocormi della fiasca. Alcuni se la stanno cavando egregiamente anche se in realtà non paiono avere una marcia in più rispetto a quelli su substrati standard per cui credo che non proseguirò su questo filone.

sabato 9 giugno 2012

Sfiascamento Bletilla Striata

Tempo di sfiascamenti per le bletille striate dell'orto botanico di Padova. Stavano diventando grandicelle, le radici spuntavano sotto il vasetto attraverso l'agar, e tanto più che non so esattamente come gestirne la deciduità invernale in agar, ho pensato bene di dar loro un po' di tempo per svilupparsi in terra, soprattutto per queste che hanno dismostrato di avere un buon sviluppo.
Nell'immagine sopra si vede il "budino" di agar con tutte le plantule ancora infilate. Il vasetto era dotato di sistema di aerazione con foro e cerotto sterile.

Eccole sfilate e ripulite dal substrato nutritivo e sistemate per essere impiantate in terra. Il substrato era un casalingo, tenuto piuttosto morbido. E questo deve sicuramente aver favorito il buon sviluppo delle radici che sono affondate senza difficoltà. Non è facile trovare il giusto punto di morbidezza tra i fattori in gioco: rapporto agar/acqua, tempi di sterilizzazione in pentola a pressione che se prolungati possono asciugare un po' il tutto e indurire il substrato.
La variabilità genetica e il rapporto con il substrato hanno creato la solita grande differenziazione di vigorosità più che di forme.

Ecco qua alcune delle più belle plantule di bletilla striata. Si nota molto bene come si è già formato un bel bulbetto.

Le piantine sono finite in un substrato altamente drenante, già abbastanza collaudato in precedenza così formato:

1/3 - terriccio di letame maturo
1/3 - agriperlite
1/3 - corteccia di conifera spezzettata il più finemente possibile
Una manciata di cartone a pezzetti di 3/4mm di grandezza. E' questo un nuovo filone di sperimentazione che deriva dalla lettura di un testo sulla coltivazione delle orchidee di cui sono venuto in possesso recentemente e sul quale effettuerò alcuni aggiornamenti nelle prossime settimane.

in vasetti abbastanza fondi perché mi pare di capire che le radici tendano ad affondare parecchio.

giovedì 7 giugno 2012

Orchidee spontanee primavera 2012

Anche quest'anno una breve digressione dalla germinazione asimbiotica per parlare delle orchidee selvatiche, sempre un argomento entusiasmante (almeno dal mio punto di vista).
Questa volta siamo nel territorio collinare di Montorio Veronese, in buona parte coltivato a Vigneti (siamo in zona Valpolicella DOC) e uliveti, ma che presenta ancora alcune zone a macchia boschiva e a prateria incolta.
E' qui che si trovano vere e proprie distese di anacamptis pyramidalis, orchidea selvatica che presenta fitte infiorescenze  a forma conica, da cui il nome.
Sono più numerose delle margherite, a volte sparse, a volte raggruppate in fitte colonie dove probabilmente molti semi di una medesima capsula sono caduti trovando micorrize adatte alla loro germinazione.

In passato, nel medesimo territorio, soprattutto in radure tra la vegetazione boschiva, dove in primavera molti sono i cercatori di asparagi selvatici, avevo rinvenuto anche numerose altre specie di orchidee nostrane, ma nei prati sondati in questa occasione, l'anacamptis è stata l'unica specie rinvenuta.

La primavera fresca ne deve aver ritardato un po' la fioritura che normalmente si ha tra fine aprile e maggio e che adesso invece, ai primi di giugno, era al suo apice.
Le piogge abbondanti devono aver poi favorito l'allungamento degli steli, anche per tener testa all'erba anch'essa cresciuta parecchio con l'abbondante irrigazione.