lunedì 16 novembre 2009

Neofinetia Falcata 富貴蘭

Alla fine è arrivata. E' vero, con gli ultimi arrivi dall'America mi ero ripromesso di dare un taglio allo shopping compulsivo su internet. E' altresì vero che anche lei era stata presa proprio in quella tornata di acquisti maniacali di qualche tempo fa. Il problema è che ci ha messo una vita e mezzo ad arrivare dalla "lontana" Londra, quasi venti giorni.
Vabbé dai, come sempre, la gioia della novità spazza via il fastidio dell'attesa. E poi è veramente affascinante, dotata di una sua singolare altezzosa plasticità. Si deve piacere un sacco.
D'altronde la piccola Neofinetia Falcata, 富貴欄 (fukiran) o 風欄 (furan) nella sua lingua natia, ha una certa storia da raccontare. Pare infatti che nel Giappone feudale la piccola Neofinetia fosse particolarmente amata da samurai e nobilità militare che per legge erano i soli a poterla coltivare. Parte di questa popolarità era data dalla forma del suo fiore che ricorda vagamente quello dell'elmo dei tipici guerrieri nipponici. Le due versioni nipponiche del nome significano rispettivamente "orchidea prospera e preziosa" e "orchidea del vento".
Con la fine dell'isolamento del Giappone seguita alla caduta dello shogunato, anche le ferree leggi feudali decaddero e così la coltivazione della Fukiran venne "liberalizzata".
Oggi la coltivazione della Neofinetia Falcata è un hobby che ha molti estimatori in Giappone e, come spesso accade, una certa maniacalità propria dei giapponesi l'ha resa una vera e propria disciplina zen estrema, così come accade anche per i bonsai.
La coltivazione e l'apprezzamento della Neofinetia sono quindi cosa serissima, con tutto un vocabolario specifico che comprende termini appositi per la forma e colore non solo delle foglie e dei fiori, ma anche per come questi si attaccano al corpo della pianta, per la proporzione e la forma che assumono le radici aeree, per le sfumature delle foglie, per l'invasamento fatto in appositi preziosi vasi in ceramica o terracotta.
Vi è anche una associazione nazionale degli amanti della Fukiran (http://www.nihonfuukirankai.com/), che organizza mostre, eventi e giudica con inflessibile severità la validità dei nuovi ibridi che di tanto in tanto vengono creati.
La pianta giunta oggi non è molto grande ma dalle foto che vedo in giro, potrebbe forse fiorire la prossima estate. Tra l'altro i fiori di Neofinetia Falcata hanno un caratteristico profumo a quanto pare molto intenso. Una fioritura permetterebbe inoltre di ottenere qualche capsuala per ricominciare con la semina. Non ci resta che aspettare. Nel frattempo è andata a fare compagnia alla conterranea Sedirea Japonica nell'intercapedine tra le doppia finestre. Pare addiritura che la Neofinetia possa ben sopportare temperature vicino e sotto lo zero.

mercoledì 4 novembre 2009

Ripicchiettatura. Esperimenti e considerazioni

Le semine estive crescono, alcune prosperano e stanno sempre più strette, altre stentano, in ogni caso è tempo di ripicchiettature, parte più noiosa nella coltivazione delle orchidee in vitro, me invevitabilmente necessaria.
Questa volta, giusto per movimentare un po' l'insulsa attività, mi sono dato a qualche esperimento e, osservando quanto avviene nelle fiasche, ho fatto alcune riflessioni e considerazioni che qui riporto.

Esperimenti
1. Ho provato a ripiantare sia nel Replete Medium sia sul Germination Medium giunti qualche giorno fa dall'Orchid Bank Seed Project. Sarà interessante comparare l'efficacia di entrambi i prodotti sullo sviluppo delle piantine.
2. Alcuni virgulti sono stati impiantati sul substrato all'interno dei vasetti per le analisi per le urine. Questi, essendo sterili, dovrebbero garantire l'assenza di contaminazioni. In più hanno il vantaggio che essendo in plastica risultano molto più leggeri e maneggevoli. Unico problema potrebbe essere la plastica di cui sono fatti che essendo leggermente satinata rischia di non far passare sufficiente luce.
3. Tre piantine della Phalenopsis 1/2 con buon sviluppo radicale sono state impiantate nel vasetto che avevo preparato alcune settimane fa con corteccia e sfagno. Il substrato, bagnato con una soluzione dimezzata di fertilizzante bilanciato per orchidee, era poi stato passato in autoclave. Nel coperchio avevo anche iserito un con un tappo forato per provette, cercando così di dare la possibilità di scambi gassosi con l'esterno. Il foro è stato ovviamente riempito di garza sterile compressa che è poi passata anch'essa in autoclave con tutto il resto. Facendo il trapianto in cappa sterile tutta l'atmosfera e le piantine dovrebbero, in teoria, essere ancora liberi da contaminazione. Ovviamente solo il tempo potrà rendere o meno ragione della correttezza dell'esperimento che potrebbe fallire per variabili indipendenti dall'idea generale di fondo. Come sempre non mancheremo di postare aggiornamenti.

Considerezioni
1. Il terreno Murashige & Skoog, essendo chiaro, e trasparente permette di valutare eventuali variazioni cui è sottoposto. In particolare in molte colture si sono verificati degli inscurimenti, talvolta piuttosto pronunciati della superficie del medium, a volte per una profondità di alcuni millimetri dalla superfice. Nella maggior parte dei casi ciò è avvenuto per i vasetti in cui maggiore era stata la moria di protocormi da imbrunimento. E fin qui la cosa è comprensibile. I protocormi morendo si decompongono liberando sostanze che vengono così assorbite dal substrato. In altri casi tuttavia l'inscurimento si è avuto anche sul substrato attorno a piantine apparentemente sane. Sembrerebbe quasi che nel loro sviluppo e attività metabolica le piantine rilascino sostanze di scarto che vengono così assorbite dal substrato. La cosa appare normale, tanto più che altri substrati come il Phytamax, contengono carbone attivo polverizzato che ha come scopo proprio l'assorbimento di tali sostanze. Ciò che è strano è che gli inscurimenti si sono verificati solo in alcune colture, non in tutte. In particolare in fiasche di Phalaenopsis 1/4 che pure hanno avuto uno tra i migliori sviluppi, non vi è stato alcun imbrunimento, e anche i protocormi che non si sono sviluppati, pur seccandosi, hanno mantenuto un colore marroncino chiaro. Questo porta a pensare che in realtà la degenerazione dei protocormi e la formazione di sostanze di scarto, possibilmente tossiche, da parte di quelle piante che invece sopravvivono sia dovuto ad alcuni particolari fattori. Uno di questi potrebbe essere la scarsezza di scambi gassosi della pianta, una certa asfissia per così dire. Molti dei vasetti in cui maggiore era stato l'inquinamento erano di piccole dimensioni, e molte delle piante che tutto attorno avevano un alone scuro erano piante che nei ripicchiettaggi precedenti avevo conficcato leggermente nel substrato pensando di dar loro maggiore stabilità. Effettivmente, nella coltivazione delle phalaenopsis adulte si pone sempre molta importanza al fatto che le radici debbano essere ben areate. Non vedo perché il medesimo principio non debba valere anche per le piccole piante in vitro che quindi vanno solo appoggiate su terreno di coltura e non conficcate in esso. E questo ci porta ai successivi esperimenti-considerazioni.
2. In alcuni dei vasetti dove vi era stato inquinamento o eccessiva moria di protocormi, lo spessore del substrato nutritivo era considerevole. Pensando che sarebbe stato un peccato buttarli così com'erano, con tutto la fatica di preparazione e sterilizzazione che mi erano costati, ho pensato di riciclarli. Per far ciò, con le pinzette ho prima rimosso i protocormi e le piantine più sane mettendole da parte, poi, con una spatolina che m'ero portato nella cappa sterile ho eliminato tutti i protocormi morti o moribondi e ho raschiato il substrato eliminando un buon mezzo centimetro. Nel rimuoverlo ho creato delle scanalature longitudinali nel gel "testurizzandolo", per usare una parola di derivazione anglosassone ahimé sempre più in voga tra gourmet modaioli. Comunque, lo scopo di ciò è stato il creare degli alloggiamenti in cui poter sistemare le piantine, cosicché abbiano la possibilità di mantenersi erette con una certa stabilità senza tuttavia conficcarli nel terreno di coltura.
3. In realtà, la moria dei protocormi e lo sviluppo di sostanze dannose da parte di alcune piantine potrebbe essere dovuto ad un eccesso di salinità e concentrazione del substrato nutritivo, fattori cui le orchidee in generale sono abbastanza sensibili. E questo è un problema che già mi ero posto nella preparazione delle fiasche. La sterilizzazione in autoclave (pentola a pressione) causa inevitabilmente evaporazione della parte liquida del substrato, anche perché, per evitare lo scoppio delle fiasche è importante lasciare i tappi leggermente svitati. Questo porta ovviamente a un innalzamento dei livelli di concentrazione del terreno. In realtà, tenendo conto di questo fattore, aggiungo sempre un po' più dell'acqua consigliata per la diluizione del medium, ma l'operazione viene comunque eseguita a occhio senza un calcolo preciso e attendibile.