giovedì 31 gennaio 2013

Sfiascamenti alternativi

E qui vogliamo proporre invece uno sfiascamento alternativo utilizzando un piccolo orcio in terracotta.
In realtà non è farina del nostro sacco ma viene da alcune letture su libri e in rete. In questo caso è stato utilizzato per due piccole Neofinetie Falcate, ma può in realtà essere applicato per qualsiasi epifita.
Il sistema consiste nel posizionare la plantula sfiascata sulla superficie esterna di un contenitore in terracotta. All'interno del  contenitore viene poi costantemente mantenuta una certa quantità d'acqua. La terracotta, per capillarità, attraverso i micro-pori che caratterizzano la struttura del materiale di cui è fatta, lascia filtrare l'umidità per tutta la struttura fornendo alla piantina l'apporto idrico di cui ha bisogno.
In questo modo si vengono a ricreare delle condizioni molto simili a quelle che si riscontrano sulla superficie degli alberi su cui le orchidee epifite vivono, con la corteccia mantenuta umida sia per le condizioni ambientali: pioggia, umidità, ecc, sia a causa dello scorrere della linfa attraverso il tronco dell'albero.
A riprova di ciò vi è la formazione di alghe verdi prima e di muschio poi proprio come avviene sui tronchi degli alberi. Nell'immagine sopra si possono notare i puntini di un verde più chiaro che indicano dove il muschio si sta formando.
Il sistema sembrerebbe molto efficace. Ad alcuni mesi dallo sfiascamento le piantine di Neofinetia appaiono in gran forma. Non sono cresciute molto, è vero, ma la lenta crescita è abbastanza tipica della specie, tanto più che è un tipo di orchidea che, per quanto epifita, è soggetta a cicli stagionali.
Al momento il tutto è tenuto a temperatura di 16-18 gradi e luce artificiale per circa 10 ore al giorno.
Il vaso è stato inserito all'interno di una ciotola in quanto il liquido che il cotto lascia filtrare è tale da accumularsi sul fondo.
L'acqua che vi viene immessa e mantenuta a circa 1/3 della capienza. Viene usata acqua distillata o acqua piovana per evitare la formazione di incrostazioni calcaree. Di tanto in tanto il vaso e le piantine vengono spruzzati con una soluzione estremamente blanda, 1/3 o 1/4 della concentrazione prevista, di fertilizzante generico che dovrebbe favorire anche lo sviluppo di alghe e muschio. Con il progressivo sviluppo del muschio e delle alghe, il sistema dovrebbe diventare autosufficiente. Il muschio nuovo andrà a nutrirsi degli strati di muschio più vecchio che muore e si decompone. A questo strato nutritivo dovrebbe quindi attingere anche l'orchidea che vi cresce sopra trovando condizioni ideali di sviluppo.

domenica 20 gennaio 2013

Vasetti di Neofinetia

Questo invece è lo stato della Neofinetia Falcata da autoimpollinazione, ancora quella del 2011 in quanto i baccelli delle impollinazioni 2012 hanno tutti abortito.
La crescita è molto discontinua, sia tra barattolo e barattolo ma anche all'interno dello stesso contenitore. Purtroppo la mancanza di tempo non mi ha permesso di tenere un resoconto dei vari tipi di substrato utilizzati per le varie semine e soprattutto per i ripicchiettaggi per cui ora non so cosa abbia dato migliori risultati. Alcune piantine hanno fatto browning out, all'interno di un unico barattolo, ma anche in maniera casuale all'interno di un unico vasetto. Nell'immagine sopra si possono notare. In alcuni substrati le radici sono cresciute molto, anche penetrando all'interno della gelatina, in altre invece le radici non si sono sviluppate affatto ma nonostante ciò le foglie appaiono comunque in gran forma.
Venendo alle foglie delle piccole Neofinetie, dopo un periodo di stasi in estate hanno ripreso a crescere. In questo momento è tenuta a temperatura di circa 20-25 gradi con luce artificiale e sembrano aver ripreso un po' di crescita, con foglie nuove e allungamento delle vecchie. Alcuni barattoli sono stati invece tenuti fuori, ma sempre in casa con riscaldamento, ma luce naturale. La Neofinetia Falcata è un'orchidea che in natura vive a latitudini simili alla nostra, con variazioni di temperatura e luce a seconda della stagione.

giovedì 17 gennaio 2013

Prime foglie di Sedirea

E qui siamo alla Sedirea. Ci siamo persi la semina per strada, nel senso che non abbiamno avuto tempo di parlarne e non trovo più le foto del bacello che pure avevo fatto. Deve essere avvenuta tra agosto e settembre. Il baccello non conteneva molti semi anzi, ho anche pensato non ne contenesse affatto. Ho vaghi ricordi che potrei aver effettuato alcune impollinazioni con una sola delle due sacche polliniche di un fiore, ma non ricordo se è stato questo il caso. Ad ogni modo ho seminato su substrato Phytamax a piena concentrazione quel po' di semenza che c'era, compresa la lanugine del bacello dove si poteva annidare qualche sparuto seme.
Come sempre le vandacee quale la sedirea è non deludono, e in qualche settimana i semi, seppur pochi, si sono trasformati in verdi protocormi. Anche la lanuggine si è inverdita, dimostrando che qualche semino impigliato effettivamente c'era.
E adesso siamo alle prime foglioline che lentamente ma costantemente si stanno sviluppando. Un trapianto con sfoltimento è stato effettuato un mese fa circa.
I barattoli sono tenuti in un contenitore di plexiglass con luce artificiale da lampadina fluorescente di 100W equivalenti e 6500°K.
I testi dicono di adddizionare il substrato di succo di arancia. Magari ci proveremo con i substrati per i trapianti futuri.

giovedì 10 gennaio 2013

Rizomi

Ed ecco cos'è successo al Cymbidium Goeringii, l'orchidea a più lenta crescita dell'universo. Siamo a più di due anni dalla semina, quasi tre dall'impollinazione, chissa a quanto dalla prima foglia (se mai ci sarà) e a forse un decennio da un'eventuale fioritura.
Tutto ciò che è presente sul substrato sono dei grovigli di protuberanze pelose di un verde più o meno intenso. Il mio nuovo testo di riferimento "ふやして楽しむ野生ラン"(traducendo liberamente, divertiamoci con la riproduzione delle orchidee selvatiche) realizzato dalla società orchidofila di Tokyo, dice che è tutto normale, che la crescita è estremamente lenta (e questo l'avevamo capito) e che quando si effettuano trapianti è sempre meglio mettere molte piantine, o grumi di rizomi sarebbe meglio dire, asssieme perché da soli tendono a morire più facilmente. Che soffrano di solitudine? Il testo continua dicendo che quando l'estremità di un rizoma viene a contatto con una parete del barattolo si ha l'emissione della prima foglia. Con i ritmi di crescita attuale potrebbe volerci un anno o più. Per accellerare le cose consigliano di utilizzare dei fitormoni: NAA (Auxina) e BA (Benziladenina), che però a quanto pare sono entrambi composti piuttosto termolabili e quindi andrebbero inseriti in un substrato sterilizzato non in pentola a pressione come al solito, ma con filtri microbici. Insomma, tutto sempre più complicato per cui penso che per ora rimarrò in attesa di sviluppi o ispirazione.
Per ora sto mantenendo i barattoli in casa, a temperatura tra 17° e 20°, e con luce naturale giacché si tratta di una specie che vive a latitudini dove vi sono le quattro stagioni.

giovedì 3 gennaio 2013

Le miracolate

E' davvero tanto che non aggiorno questo progetto. L'ultimo post risaliva ancora ad agosto. E non che non ci siano state novità nel mentre. Ma il tempo, si sa, è poco, e in questi giorni post-vacanzieri sono riuscito a prendermi qualche momento per fare delle foto.
Ed ecco cosa è successo alla Phalaenopsis 4, la "miracolata", dopo averle cambiato il substrato. E' un Phytamax a piene dosi su cui erano già impiantate delle Neofinetie, che si vedono in basso a sinistra, completamente sovrastate dalla più vitale del gruppo, che ha ormai dimensioni più che doppie rispetto alle seconde più grandi. Le radici che erano già ben siviluppate sono state affondate per bene nel substrato tenuto morbido. Il barattolo è mantenuto in casa, con illuminazione artificiale (lampada fluorescente a risparmio energetico da 100W equivalenti e 6500k° per circa 10 ore al giorno.