sabato 21 agosto 2010

Ultimamente ne sto facendo parecchi, ma questo è forse l'unico trapianto che ho fatto perché realmente le piantine di phalaenopsis 1/3 non stavano più dentro il barattolo. La più grande aveva ormai una foglia tutta piegata dallo schiacciamento contro il coperchio del vasetto. Non so se sia stato merito della genetica della pianta o delle particolari condizioni di crescita. L'ultima ripicchiettatura era stata effettuata su replating media dell'Orchid Seed Bank Project ancora parecchi mesi fa, e sul coperchio era stato posta una garza per l'aerazione. Per quanto un po' macchinoso questo sistema si è dimostrato piuttosto affidabile (su nessuno dei vasetti dove è stato testato si sono sviluppate contaminazioni) e probabilmente efficace nel garantire un po' di scambio gassoso. Magari più avanti pubblicherò un post su come effettuare questo tipo di intervento.

Solita procedura di lavaggio delle radici e asciugatura su carta assorbente. Le varie piantine non erano in realtà cresciute uniformemente e accanto ad alcune davvero sorprendenti per dimensioni ve ne erano altre decisamente meno sviluppate.

Questa volta per il trapianto è stato usato un substrato semi-idroponico. Era da un po' che monitoravo su internet le varie risorse che parlano di questa tecnica per la coltivazione di alcune specie di orchidee. Sebbene avessi letto che questo tipo di coltivazione non è adatta alle piantine appena sfiascate ho voluto provare, soprattutto spinto dall'insoddisfazione per i risultati ottenuti con lo sfagno e la corteccia che danno una crescita lentissima e stentata.
I primi risultati con la semi-idroponica sulle piccole phalaenopsis sembrano incoraggianti tanto che ormai la maggior parte dei trapianti eseguiti ultimamente sono stati fatti in questo modo.
Il substrato è costituito da argilla espansa. Sui siti consigliano di fare una selezione della pezzatura dei grani di argilla espansa ma l'ho considerata una finezza un po' estrema. Come contenitori ho usato un po' di normali vasetti in plastica da piantine, qualche bicchiere di plastica e contenitore vario. Nei bicchieri di plastica ho praticato tre o quattro fori circolari a circa un centimetro dal fondo. Li ho quindi riempiti di argilla espansa ben lavata e sopra vi ho adagiato le piantine di phalaenopsis appena sfiascate ricoprendo alcune radici con altra argilla espansa in modo da dare un minimo di stabilità. Sotto quelle collocate nei vasetti normali ho posto un piccolo sottovaso in cui lascio accumulare un velo d'acqua.
I vantaggi di questo tipo di operazione sono dati dal fatto che l'argilla espansa, essendo un materiale neutro, non marcisce e impedisce la proliferazione di parassiti che possono essere comunque facilmente lavati via. Sia nei vasetti normali che hanno il sottovaso, sia nei bicchieri di plastica con i fori a un centimetro dal fondo, si accumula dell'acqua che per capillarità risale verso l'alto fornendo sempre una buona dose di liquidi alla pianta.
L'argilla espansa di contro non fornisce alcun nutrimento alla pianta per cui in quasi ogni annaffiatura è bene aggiungere del fertilizzante bilanciato molto diluito. Io faccio un millilitro e mezzo di 5-5-5 per orchidee in circa un litro di acqua distillata con l'aggiunta di un po' di acqua di rubinetto per fornire un minimo di calcio.
I risultati al momento sono stati sorprendenti. Le piante appena sfiascate non paiono subire alcuno shock come quelle poste in sfagno. Shock che normalmente fa arrestare la crescita per più di un mese. Di contro, forse perché poste in un ambiente più aereato e con nuovo nutrimento, le piantine tendono subito a crescere, emettendo nuove radici che si allungano molto rapidamente facendosi strada tra le palline di argilla espansa. Anche le foglie tendono a distendersi con una certa velocità e a nascerne di nuove.
A breve pubblicherò i progressi di questo sfiascamento che sono stati piuttosto interessanti.