mercoledì 30 settembre 2009

Cappa Sterile

Per la semina in vistro delle orchidee un'altra cosa fondamentale è la cappa sterile. Il substrato nutritivo su cui i microscopici semi delle piante vengono impiantati sono molto ambiti da funghi e muffe, le cui spore sono praticamente ovunque nell'aria. E' quindi fondamentale che dopo la sterilizzazione in autoclave (pentola a pressione) le fiasche contenenti la gelatina restino sterili anche durante l'apertura e l'inoculazione dei semi, che devono essere a loro volta sterili. Per fare tutto ciò è basilare lavorare in ambiente asettico. Ci sono naturalemente vari metodi. I professionisti usano filtri laminari. Lavorano cioé avvolti da un flusso d'aria che viene passata per dei filtri così fitti che trattengono qualsiasi particella sopra un certo numero di micron, compresi spore e batteri. Inutile dire che l'impianto è piuttosto complesso e costoso.
Altri provano a lavorare su un flusso di vapore, ossia sopra una pentola con acqua che bolle, ma la cosa mi è sempre sembrata piuttosto complessa.
Ho quindi optato per una cappa sterile fatta in casa.
Mi sono rivolto al solito brico center e ho acquistato una scatola in plastica trasparente di una certa capienza, un paio di mezzi tubi da idraulico, dei guanti in gomma spessa, silicone e un foglio in plexiglass. Ho quindi aperto dei fori circolari in cui ho fatto passare i tubi su cui ho poi infilato i guanti e infine ho sigillato il tutto con il plexiglass, sagomato per incorniciare i tubi così da chiudere fessure, fissato con il silicone. La spesa è stata di una ventina di euro. Il risultato quello che si vede nella foto. Quando ho fatto vedere tutto orgoglioso la mia opera a una mia amica, lei, piuttosto preoccupata, mi ha chiesto se il mio nuovo hobby era realizzare pupazzi di uranio...
"No, in realtà è coltivare orchidee partendo dal seme" le ho risposto io. E lei mi ha chiesto "perché?" Ma tant'è.

Insomma, lo scopo di tutta quest cosa è quella di tenere l'ambiente interno, opportunamente sterilizzato, completamente separato dall'ambiente esterno. Per sterilizzarlo io normalmente passo tutte le superfici interne con alcol o altro disinfettante. Ogni volta mi sembra di essere un infermiere che prepara la sala operatoria. Una volta posti all'interno i vasetti e tutto ciò che mi servirà alla semina, chiudo il coperchio e sigillatolo con del nastro adesivo, spruzzo abbondante candeggina in ogni anfratto e angolo della scatola e su ogni cosa contenuta al suo interno. Soprattutto sotto il coperchio delle fiasche, soprattutto se è passato un po' di tempo da quando le ho sterilizzate. E' importante fare un esauriente inventario di tutto ciò che ci servirà "là dentro", che se ci si scorda qualcosa bisogna riaprire il coperchio e ricominciare tutta la sterilizzazione daccapo. Nell'immagine fatta poco prima di chiudere, si notano le fiasche ovviamente, il bisturi, la siringa a mollo nella candeggina con la capsula verde, l'acqua sterile, e a destra lo spruzzino con la candeggina. Lascio tutto fermo per qualche minuto per dare il tempo alla candeggia di fare strage di germi e spore, e poi inizio l'operazione.
Devo dire che finora la cappa sterile e il metodo di sterilizzazione hanno fatto piuttosto bene il proprio dovere. Di contaminazioni post semina e post ripicchiettaggio ne avrò avute sì e no un paio su una cinquantina di fiasche.

domenica 13 settembre 2009

Collezione di muffe

Pensavo peggio a dire il vero. In realtà fin'ora le contaminazioni si sono verificate solo in una minima percentuale delle fiasche colturali. Alla fine, sia la cappa sterile che la sterilizzazione dei semi con acqua ossigenata si sono rivelate particolarmente efficaci.
Su circa 35 fiasche totali, le contaminazioni si sono presentate su 5-6.
Si è trattato per lo più della solita, classica, muffa verde che in men che non si dica ha ricoperto tutta la superficie della fiasca consumando poco a poco tutto il substrato nutritivo. In un paio di casi invece, quelli riportati nelle immagini, si è avuta una strana contaminazione globulare di un bel colore rosa. In realtà in una di queste fiasche contaminate c'era anche un po' di muffa verde, la si può intravedere a destra nella foto in alto, che in breve ha preso il sopravvento battendo clamorosamente il mite blob rosa. La battaglia è stata piuttosto appassionante.

In un altro caso la muffa si è invece sviluppata in una fiasca con i semi già in fase di germinazione, il che è piuttosto strano perché dalla semina erano passate non meno di due settimane ed essendo la fiasca sigillata, non si capisce in quale passaggio sia avvenuta la contaminazione.

sabato 12 settembre 2009

Presentazione Phalaenopsis 3

L'ultima delle orchidee ad essere acquistate a una svendita del supermercato.
La pianta si presenta in generale molto vigorosa. Le foglie sono lanceolate, molto grosse e carnose, sezionate all'apice e tutte protese simmetricamente verso l'alto con una struttura un po' a ventaglio.
Non produce praticamente alcuna radice aerea.
La fioritura è stata abbondante, su tre steli ramificati.
L'impollinazione tuttavia è risultata piuttosto difficoltosa e dei vari tentativi soltanto uno ha prodotto una capsula di dimensioni relativamente piccole.
Molte impollinazioni erano sembrate inizialmente andate a buon fine, con il tipico ingrossamento della colonna e l'inverdimento del picciolo che tuttavia si è poi improvvisamente staccato.
Alla fine la phalaenopsis 3 è stata l'ultima ad essere impollinata, maturando a fine agosto.
Anche in questo caso purtroppo non ricordo di quale altra phalaenopsis sia stato il polline utilizzato.

Substrati Nutritivi


Ovviamente, nella coltivazione in vitro delle orchidee, il substrato nutritivo è fondamentale.
Inizialmente avevo sperimentato preparati fatti in casa. Su internet si trovano alcune ricette interessanti. Queste sono due di quelle che ho sperimentato:

http://www.i-h-g.it/archivio/o/orchidee_riproduzione.htm
http://www.orchidando.net/pages/seminare.htm

A parte il nitrato di calcio della seconda ricetta che non ho nemmeno cercato (è piuttosto tossico e pericoloso a quanto pare), il resto è tutto facilmente reperibile. L'agar l'ho trovato in abbondanza e in vari formati in un negozio di prodotti bio, è particolarmente apprezzato dai vegetariani per la preparazione di creme e budini in quanto completamente vegetale rispetto alla colla di pesce che invece si ricava da cartilagini suine. L'agar è invece prodotto da un'alga oceanica e ha inoltre il vantaggio di resistere alle alte temperature richieste per la sterilizzazione delle fiasche colturali. L'acqua utilizzata è stata quella demineralizzata che si trova al supermercato. Per la misurazione del ph ho acquistato in farmacia per pochi euro le apposite cartine tornasole.
Ad ogni modo il risultato finale è stato quello della foto, scattata a uno dei numerosi vasetti che sono usciti da una soluzione di un litro.
I risultati sono stati tuttavia deludenti, in buona parte a causa della mia inesperienza suppongo. Nel primo caso l'errore è stato piuttosto grossolano. Ho infatti utilizzato un concime liquido per orchidee di quelli predosati a rilascio graduale. Non considerando tuttavia che un concime di questo tipo è già molto diluito e quindi, con le dosi consigliate da entrambe le ricette la concentrazione di fertilizzante sarebbe stata troppo blanda. Il primo tentativo fatto con una capsula verde di phalaenopsis 1 infatti non ha portato ad alcun risultato apprezzabile.
Nel secondo caso ho utilizzato invece un comune fertilizzante per geranei, stando attento che contenesse poco o nullo azoto ureico, così come consigliano un po' tutti i sacri testi. La diluizione è stata effettuata per un litro d'acqua, riducendo leggermente, e a occhio, la dose. Ho anche aggiunto un paio di cucchiaiate di omogeneizzato di banana. Anche in questo caso tuttavia i risultati, per quanto non nulli, sono stati deludenti. Suppongo che anche in questo caso la fertilizzazione non sia stata appropriata. I semi infatti hanno incominciato a ingrossare, e con una certa rapidità, avviandosi allegramente allo stadio di protocormo con una dimensione di 1 mm circa. Il problema però è che non è mai partita la fotosintesi clorofilliana, e le giovani pseudo-piantine si sono mantenute sempre di un colore neutro e pallidino fin quando non hanno incominciato a scurire e infine sono avvizzite. Immagino quindi che il problema sia stato dovuto a una generale povertà nutritiva del substrato o alla carenza di un qualche particolare elemento.
Sicuramente riproverò in futuro con il substrato nutritivo fatto in casa, me intanto sono passato a prodotti professionali che hanno garantito risultati decisamente più apprezzabili.
I prodotti che ho utilizzato sono il Phytamax e il Murashige & Scoog, entrambi ampliamente diffusi e utilizzati per la coltivazione in vitro.
Entrambi si possono tovare qui:

http://www.microcarnirare.com/website/index.php?option=com_virtuemart&page=shop.browse&category_id=7&Itemid=71

Il rivenditore è super efficiente e affidabile. La spedizione avviene in pochissimi giorni.
Apparentemente i due substrati sono molto simili. Il Phytamax è sembrato essere più veloce all'inizio mentre il Murashige & Scoog parrebbe aver dato maggior crescita da un certo grado di sviluppo in poi, anche se in realtà la velocità di germinazione potrebbe esser stata dovuta ad altre variabili: genetica dei semi, condizioni climatiche, esposizione, ecc.

venerdì 11 settembre 2009

Presentazione Phalaenopsis 2


Eccola qua, in realtà sarebbe la 1, nel senso che è la phalaenopsis più vecchia, quella che avevo da più tempo e che a un certo punto, da un vecchio stelo ha deciso di rifiorire. Di fiori ne ha fatti solo tre, ma tutti di grandi dimensioni, tanto da farmi pensare che possa essere diploide.
Le è stata data la numerazione 2 perché è stata la seconda ad essere fecondata. Purtroppo non ricordo quale polline io abbia utilizzato. Il risultato tuttavia, a riprova del fatto che sia una varietà particolarmente vigorosa, è stato una capsula di dimensioni abnormi,circa 10 centimetri, così gonfia da quasi non avere le caratteristiche scanalature.
Le foglie sono a lingua, mediamente pendule, leggermente sezionate all'apice. La pianta ha una certa tendenza a emettere radici aeree.

Keiki


Pensavo fosse una gemma fiorifera. E invece stamane si è svelato per quello che è in realtà, un keiki, cioé una nuova piantina che si sviluppa da uno stelo. Keiki pare che significhi "figlio" in lingua hawaiana.
Spulciando in rete ho trovato varie teorie a riguardo. Secondo alcuni lo spuntare di un keiki non è un buon segno, indica che la pianta sta reagendo a una condizione sfavorevole cercando di riprodursi in modo alternativo alla fioritura. Altri documenti affermano invece che il keiki non centra niente con lo stato di salute della pianta. Effettivamente sullo stesso stelo dov'è spuntato, vi sono altre gemme che si stanno ingrossando e che a prima vista sembrerebbero proprio voler dar vita a nuovi steli fioriferi. La pianta sta anche emettendo un'altra foglia. Insomma, scoppia di energia e vigore.
Il keiki sarà in tutto e per tutto un clone della pianta che l'ha generato. Non che ne avessi bisogno, phalaenopsis 3 non è nemmeno tra le mie preferite. Se tutto procede per il verso giusto, nel giro di un anno avrò letteralmente piante da buttare . Ad ogni modo è un evento particolare che seguirò con interesse nel suo sviluppo.

Illuminazione artificiale

Non poso farmi venire l'ansia ogni volta che esco col dubbio di non aver tirato le tendine e che le piantine si arrostiscano al sole diretto.
In più le giornate si vanno accorciando e il cielo rannuvolando e incominciano a preoccuparmi che la luce che ricevono non sia sufficiente.
Così oggi ho fatto il solito giro in un paio di brico center e sono tornato a casa con il seguente materiale:

  • Scatola in plastica tipo quella che ho usato per costruire la cappa sterile.
  • Confezione di tre lampadine fluorescenti a risparmio energetico di fabbricazione cinese. 75 W equivalenti, circa 1000 lumen, luce bianca fredda.
  • Due plafoniere da garage
  • Doppino elettrico
  • Un timer

Il risultato di un pomeriggio di frenetico di lavoro è stato questo:

Intanto gli ho messo dentro un po' di vasetti di varie semine e vari stadi di crescita e vediamo un po' cosa succede. Il timer fa accendere il tutto intorno alle 6 di mattina. Sto cercando di fargli fare una pausa attorno alle 4-5 di pomeriggio quando il sole batte più direttamente nella stanza, un po' di luce naturale non può che far bene, e poi continua a stare acceso fino alle 6-7, per un totale di 12/13 ore.

La scatola di plastica dovrebbe anche avere il vantaggio di mantenere la temperatura un po' più costante dato che ultimamente ha preso a fare piuttosto fresco la sera e l'intercapedine tra i due vetri potrebbe essere un po' troppo fredda per quanto io lasci aperta la finestra interna. Gli sbalzi di temperatura non credo facciano molto bene ai giovani virgulti. Ho cercato di monitorare la temperatura a lampadine accese e spente con il termometro di casa, ma in uno spostamento un po' brusco si è rotto. Fortuna che non era a mercurio.
Per ora sembra andare bene. L'unica cosa che mi preoccupa un po' è la puzza micidiale che fanno le lampadine. Sembra un misto tra das (sì, la creta artificiale) e plastica bruciata il che è strano perché le temperature che raggiungono sono irrisorie. Penso che sia dovuto alla scarsa qualità costruttiva. Fortunatamente sono nella scatola sigillata, ma mi chiedo cosa succede quando uno le usa normalmente in casa. La puzza che fanno non da' l'idea di essere molto salubre.